Cervelli in fuga: Cercano lavoro, meno tasse e meno raccomandazioni
Roma, 7 novembre 2014 – «Addio, Italia. La disoccupazione, il precariato, la pensione che non basta più. Ci si guarda intorno e si decide di andar via. È successo la bellezza di 94.126 volte nel 2013: 94mila italiani che non ci sono più. Una città come Udine, o La Spezia, che si svuota nello spazio di un anno. E che non si riempie con gli arrivi: i lavoratori stranieri che scelgono il nostro Paese sono appena 43mila. Fotografie della crisi. Le scatta ogni anno il Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Cei Migrantes: 4.482.115 i concittadini attualmente residenti all’estero, con una variazione del 16% in un anno. Rispetto al 2012, insomma, sono partite 15mila persone in più».
A raccontare questo aspetto del fenomeno migratorio, quello in uscita, è, lo scorso 8 ottobre, il quotidiano “Avvenire”.
Di questi quasi 4 milioni e mezzo di italiani residenti all’estero, “Sono 39.824 le persone originarie della provincia di Trapani”, ci precisa Giovanni Maggio su TP24 dello scorso 21 ottobre.
Sul totale degli emigrati, il 15,6% sono siciliani, il 10,1% campani.
Argentina (725.000), Germania (665.000), Svizzera (569.000), Francia (378.000), Brasile (332.000) e Belgio (257.000), ed a seguire Stati Uniti, Regno Unito, Canada ed Australia, i paesi con maggiori “colonie” d’italiani, sempre secondo il Rapporto Migrantes.
Il Regno Unito, con 12.933 nuovi iscritti all’inizio del 2014, è il primo Paese verso cui si sono diretti i recenti migranti italiani con una crescita del 71,5% rispetto all’anno precedente. Seguono la Germania (11.731, +11,5% di crescita), la Svizzera (10.300, +15,7%), e la Francia (8.402, +19,0%).
«Ovviamente stiamo parlando solo delle cifre ufficiali, cioè di quelle persone che si registrano all’Aire (Anagrafe degli Italiani residenti all’Estero) e quindi entrano nelle statistiche. Secondo le stime dei consolati e delle ambasciate all’estero il numero va come minimo triplicato, se non addirittura quadruplicato, perché mediamente solo uno su quattro si registra», sostiene Caterina Soffici su “Il Fatto Quotidiano”.
«Migliaia di migranti dall’Africa e dall’Asia, dall’Europa dell’Est di nuovo oggetto di focolai di guerra, e migliaia di migranti cosiddetti “economici” che dai paesi industrializzati, ormai stanchi da questa recessione che non allenta la sua morsa, si spostano sempre più a Nord alla ricerca di una vita migliore», ha sottolineato il presidente della Fondazione Migrantes, Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, provando a fare un confronto tra profughi, migranti per lavoro e migranti dei paesi avanzati.
La “fuga” all’estero degli italiani è esplosa nel 2008, quando la forbice fra “partenze” e “rientri” si è improvvisamente allargata. E secondo i dati ISTAT 2012, il 27,6% degli italiani in fuga sono laureati.
«È un bene? Da un lato sì. Perché significa che i tanto vituperati “bamboccioni” e gli eterni “mammoni” si sono svegliati e hanno iniziato ad accettare la sfida del mercato globalizzato. Da un altro assolutamente no. Perché un Paese che perde le sue forze (spesso) migliori è perduto», commenta Tobia De Stefano sul quotidiano Libero.
Libero punta, però, ad evidenziare anche un altro aspetto della recente esplosione del fenomeno della migrazione: «gli over 60 italiani che vivono fuori dai confini nazionali sono 473mila. Un piccolo esercito di persone che hanno deciso di trasferirsi a latitudini alle quali un assegno di mille euro consente una vita da benestanti, mentre qui si fatica ad arrivare alla fine del mese. Le mete preferite? Sud America (Costa Rica soprattutto), Spagna (Canarie le più gettonate) ma anche il sud del Mediterraneo, Tunisia in primis. Per capire il fenomeno baste leggerei numeri: nel 2009 le pensioni spedite all’estero dall’Inps erano 250mila, oggi sono quasi il doppio».
«Aumenta, e molto, l’export italiano. Ma non di borse, scarpe o Parmigiano: di persone. Soprattutto giovani e istruite – commenta su La Stampa il deputato di Scelta Civica Irene Tinagli -. C’è una dimensione del nostro export di talenti che non emerge dalle statistiche, ma che è ben nota a chi frequenta le nostre comunità all’estero. Ed è quel senso di rabbia, di sfiducia verso un Paese che in molti casi non hanno lasciato per scelta libera e gioiosa, ma per necessità o per ribellione a un sistema che non dava alcuna speranza».
Secondo una ricerca Coldiretti/Ixé , alla domanda “Se siate pronti ad emigrare all’estero per lavoro”, il 51% dei giovani risponderebbe positivamente: « Il 19% lo farebbe perché considera il Paese fermo (“Non si prendono mai decisioni”), il 18% per il peso eccessivo delle tasse e il 17% per la mancanza di lavoro a pari merito con la mancanza di meritocrazia».
Si tratta di «problemi endemici per i quali non si vedono soluzioni all’orizzonte», commenta il quotidiano Libero.
Come sia sia, chiude, sul “Fatto Quotidiano” Caterina Soffici, «ci si può anche raccontare la bella storia che siamo tutti cittadini del mondo, ma i giovani e le famiglie che arrivano a Londra sono in fuga, non in gita nel mondo».