6 aprile 1943, 72 anni fa gli Alleati radevano al suolo Trapani
Trapani, 11 aprile 2015 – Nel silenzio pubblico, se si eccettua un ricordo, un po in sordina (assenti le “Autorità”) stasera, promosso da Margherita Giacalone, direttrice della Biblioteca Fardelliana di Trapani, è passato un altro anniversario: il settantaduesimo.
Era il 6 aprile del 1943 quando gli aerei anglo-americani bombardavano Trapani, infliggendo devastazione e morte alla nostra città.
Non era il primo bombardamento subito da Trapani. Già i francesi, il 22 giugno 1940, dodici giorni dopo la sciagurata dichiarazione di guerra alla Francia ed alle potenze “Alleate”, avevano colpito dall’aria, a sorpresa, Trapani giungendo dalle proprie basi in Tunisia. Pochi erano stati i danni, però, se si eccettuano quelli alla Prefettura (con la contestuale perdita dell’Archivio Storico).
Interessantissimo rileggere [CLICCA QUI], grazie a Michele Megale che ne ha curato il recupero dentro una sua pubblicazione, il giornale “Il Faro” del 18 giugno 1962: Gennaro Pastore ricorda i fatti del primo bombardamento.
«Sono le tredici, … in piazza Vittorio Veneto scoppiano le prime bombe ed il portiere della Prefettura, sig. Anselmo, che non ha fatto in tempo a ripararsi, è investito in pieno dalle schegge; brandelli di carne vengono proiettati alla volta dell’androne e vi rimangono appiccicati. E’ uno spettacolo raccapricciante. … siamo storditi dal rumore delle bombe, che scoppiano vicinissime, mentre il terrono trema sotto i nostri piedi … Nel ricovero siamo tutti nervosissimi e silenziosi, solo alcune donne piangono convulsamente, ci sentiamo annientati, il senso della fine imminente. Abbiamo la sensazione che moriremo schiacciati sotto montagne di macerie. Nel ricovero c’è gente che è svenuta, le donne pregano piangendo, forse preghiamo tutti … sono rassegnato all’ineluttabilità del destino, sono sicuro che solo un miracolo potrà sottrarci alla morte …».
Ancora “Il Faro” [SCARICA QUI], il 3 aprile 1963, sempre con Gennaro Pastore, ricorda i bombardamenti del 5 e 6 aprile 1943: «alle 15.20 si scatenò il cataclisma» – si legge – «parecchie formazioni di “fortezze volanti”, giunte improvvisamente su Trapani, sganciarono, da altissima quota, migliaia di bombe di grosso calibro, ad alto potenziale esplosivo, colpendo la città e il porto».
«Tutte le bombe, cadute nel mare di tramontana, e quelle che che colpirono e distrussero gli edifici posti attorno alla Chiesa del Purgatorio e del SS. Sacramento, erano destinate a colpire 6 o 7 cacciatorpediniere e torpediniere ormeggiate all’angolo del Molo della Sanità» [che, però, destino, non furono colpite, NdR].
«Le altre formazioni di quadrimotori, intanto, investirono la Città ed il porto con direzione da nord a sud e il bombardamento a tappeto colpì l’abitato da Piazza Scarlatti fino alla stazione ferroviaria».
«Il quartiere di S. Pietro, abitato in prevalenza da marinai, e che era il più popoloso ed il meno sfollato, venne colpito da migliaia di bombe, e le sue case crollarono, travolgendo tutti gli abitanti che non avevano avuto il tempo di porsi in salvo, perché il bombardamento ebbe inizio quasi contemporaneamente al suono delle sirene dall’allarme».
«Nel porto avvennero scene d’inferno: le bombe caddero fitte, colpendo le banchine, le attrezzature, e quasi tutte le numerose navi che, cariche di esplosivi e di carburante, si incendiavano ed esplodevano. Marinai e coloro che lavoravano nel porto, sfuggiti alle prime scariche di bombe, cercarono di salvarsi raggiungendo il vicino abitato, ma quasi tutti venero travolti dal crollo degli edifici o caddero schiantati dalle esplosioni sul viale Ammiraglio Staiti che rimase scavato da immensi crateri».
«Alla stazione ferroviaria un treno era in partenza, le bombe colpirono la stazione; vagoni pieni di passeggeri vennero distrutti …».
«Piazza Scarlatti offriva una visione paurosa, il Teatro Garibaldi rimase distrutto; anche la Chiesa di Sant’Agostino, insigne monumento al quale è legata tanta storia di Trapani, venne gravemente colpita».
«La Caserma Fardella venne colpita e perdite subirono le truppe ivi alloggiate; in attesa di partire per la Tunisia».
«Nel momento dell’inizio del bombardamento il ricovero costruito nell’androne dell’Istituto Provinciale degli Artigianelli si era riempito di gente terrorizzata, il crollo dell’edificio, colpito in pieno dalle bombe, tramutò tale ricovero in una tomba, dalla quale riusci a stento a salvarsi un sarto, che non poté più dimenticare le grida dei sepolti vivi, destinati ad una morte orrenda».
«… la rovina era immane, nel quartiere San Pietro le macerie arrivavano all’altezza di un secondo piano e per circa seimila cittadini, travolti dal crollo degli edifici, non c’era più nulla da fare. Poveri morti, senza nome!».
«La Città rimase deserta … l’imponente flotta velica, orgoglio e ricchezza della nostra marineria, venne completamente distrutta; 30.000 vani di abitazione, pari al 50 per cento di quelli disponibili in Città risultarono distrutti o gravemente danneggiati».