Je so’ pazzo, il Centro Sociale che occupa il Parlamento
«Anche se i media, pure quelli di sinistra, non sembrano essersene accorti, ieri è successo qualcosa di straordinario. Ieri il sogno è cominciato», così si legge sul sito del centro sociale napoletano «Je so’ pazzo».
Si riferiscono a «un’assemblea chiamata 3 giorni prima ha riempito un teatro di 800 posti senza sponsor mediatici, senza “grandi nomi”, senza bisogno di truppe cammellate».
L’evento si è svolto al teatro Italia di Roma lo scorso 18 novembre: «più di cinque ore di assemblea, tanti gli interventi, circa 40, di vertenze lavorative, lotte territoriali, associazioni e comitati, realtà politiche, singoli cittadini».
Durante l’incontro si sentiva – sostiene «Je so’ pazzo» – «entusiasmo, passione, emotività». E hanno ragione. Basta vedere e ascoltare i due video qui riportati che ce ne si rende conto immediatamente!
La notizia non è solo questa; ma anche, quella che «un centro sociale ha dichiarato di voler partecipare alle elezioni» politiche della prossima primavera per «intercettare il bisogno di riscossa che cova nel nostro paese».
I numeri dell’Assemblea del teatro Italia non si fermano agli 800 presenti: «oltre cinquecento persone in media collegate da tutta Italia per seguire la diretta – precisano dal centro sociale –, decine di migliaia quelle che l’hanno vista in seguito, oltre 90.000 che hanno visto il video di lancio».
Si tratta di «quella fetta di paese che paga il conto della crisi e delle ristrutturazioni; giovani e anziani, uomini e donne, cittadini e stranieri privi di qualunque rappresentanza», ci fa sapere «La Città Futura», uno dei tanti giornali comunisti online che scrive dell’evento.
«In questo vuoto di rappresentanza – riprende il giornale – diventa indispensabile dare uno sviluppo politico alle lotte sociali che in questo teatro si sono finalmente incontrate per saldarsi: da chi lotta per la difesa del posto di lavoro a chi un lavoro non ce l’ha o ce l’ha precario, dai movimenti per la casa a quelli per l’integrazione di persone private di ogni diritto politico, sociale, umano».
Si tratta non solo di «avanguardie» ma anche di chi, «privo di punti di riferimenti e speranza, subisce l’offensiva del capitale e di quei poteri forti», spiega ancora «La Città Futura», in un altro post.
A questa Lista elettorale, sembra aver aderito anche il Partito della Rifondazione Comunista.
«All’indomani dell’assemblea, la direzione nazionale di Rifondazione ha votato un dispositivo unitario, un ordine del giorno, che imbocca con la stessa decisione mostrata dal palco dal segretario Acerbo e dall’eurodeputata Eleonora Forenza, la strada indicata dal Teatro Italia. Larga maggioranza da riconfermare il 2 dicembre al comitato politico nazionale», ci fa sapere il blog «Ancora Fischia il Vento».
Ma il Partito Comunista dei Lavoratori contesta Je sò pazzo
Naturalmente, c’è pure chi non condivide il percorso.
«Finché gli sfruttati non si organizzano in un soggetto politico, in un partito che li rappresenti realmente, ci saranno sempre burocrazie politiche e di movimento che utilizzeranno le assemblee come sfogatoi per decidere tutto nelle “ristrette”, vale a dire quattro o sei persone che decidono sulla testa di tutti», ad esempio, commentano Sinistra classe rivoluzione e Partito comunista dei lavoratori sul sito «Rivoluzione.Red».
«Non basta la demagogia sull’“unire gli sfruttati” e un programma di 4-5 punti (come è stato detto dai compagni nelle conclusioni al Teatro Italia) per impedire che i tradimenti si ripropongano; è necessario dotarci di un programma e di metodi rivoluzionari, se si vuole una rottura con il riformismo e dei disastri che ha prodotto in tutta Europa», aggiungono.
«Il movimento di per sé non è sufficiente, tanto meno avere dei rappresentanti in parlamento se alle spalle non c’è un progetto rivoluzionario».
Non serve, in definitiva, per i Comunisti, «una generica sinistra “civica” di cittadini progressisti. Né una sinistra che metta insieme sovranismi nazionalisti e costituzioni borghesi», bensì – concludono Sinistra classe rivoluzione e Partito comunista dei lavoratori – «l’unica prospettiva di alternativa vera: un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, basato sulla loro organizzazione e la loro forza, che rompa col capitalismo e riorganizzi da cima a fondo la società».
Anche loro hanno ragione. La soluzione?