Packard: L’elettore? Cerca solo un padre che lo protegga
« L’impiego della manipolazione psicologica in campo politico non è, naturalmente, una scoperta degli ultimi anni, né, a dire il vero, del ventesimo secolo. Il vero problema nasce allorché si tratta di operare efficacemente sui cittadini di una società libera », così scriveva Vance Packard.
Era il 1957, e l’insegnante di giornalismo all’Università di New York aveva pubblicato i propri studi e le proprie considerazioni nel volume “I persuasori occulti”.
Si trattava d’un saggio che, in particolare, percorreva le esperienze della pubblicità degli anni cinquanta e, in particolare, la cosiddetta “Ricerca Motivazionale” (RM) una tecnica di persuasione sviluppata con la decisiva collaborazione di psichiatri e psicologi.
Già all’epoca, l’industria e le agenzie pubblicitarie comprendevano l’importanza di « stimolare la domanda, creando nel pubblico dei bisogni della cui esistenza il pubblico stesso non era ancora cosciente ».
Secondo i “persuasori” di professione – scriveva Packard – « noi siamo adoratori di immagini, dediti ad atti impulsivi e compulsivi ».
In sostanza « i persuasori si servono sempre di parole-chiave e di immagini-chiave per suscitare le reazioni desiderate » che si tratti di « propagandare con maggiore efficacia le loro merci » o « idee, ideali, atteggiamenti, candidati ».
Si tratta, soprattutto, di saper « vendere sicurezza emotiva ».
In tutto questo – spiegava Vance Packard – per rispondere a dei « bisogni segreti » dell’uomo, alcuni connessi tra loro « il senso di potenza, il bisogno di stima e considerazione, le esigenze dell’ego, il bisogno dell’immortalità ».
Grazie ad esperti psichiatri e psicologi, i manipolatori « si servirono a piene mani deglistudi di Pavlov sui riflessi condizionati, di quelli di Freud sull’immagine paterna, della teoria di Riesman sull’elettore come spettatore-consumatore di politica ».
Si fece ricorso, per raggiungere l’obiettivo, ad ogni strumento di comunicazione: Radio, cortometraggi, ragazze e persino fumetti.
Vance Packard ha avuto la capacità di raccogliere, nella propria opera, numerosi studi precedenti, tra questi quegli di Eugene Burdick.
Questi, professore di dottrine politiche all’Università di California, sosteneva come « un presidente ideale non diventa tale in seguito a grandi imprese, ma perché la sua personalità è grande ai nostri occhi », in quanto, ad esempio, « è un uomo capace di grande calore umano, e di ispirare fiducia, più che ammirazione, deve essere stato qualcuno in un campo estraneo alla politica. Le sue prese di posizione su problemi politici concreti contano poco ». E’ sufficiente, in definitiva, che egli richiami « un’immagine del padre », poiché gli elettori cercano solo un « capo che li protegga ».
Conosciute le motivazioni del consumatore, di merci o di politica cambia poco, servirà « abbassare la verità al livello di comprensione del popolo, parlare di cose semplici, esprimersi nel linguaggio di tutti », in definitiva una semplice « selezione scientifica degli slogan e ripetizione pianificata ».
Certo « il fatto che si pretenda di vendere i candidati alle massime cariche come se si trattasse di dentifrici costituisce l’estrema indegnità del processo democratico ».
« Molti uomini – insiste Packard – hanno tentato di modificare la condotta del prossimo col ragionamento. I loro sforzi si sono dimostrati infruttuosi. Il comportamento degli uomini si controlla più facilmente attraverso le loro emozioni ( livello dei pregiudizi, delle credenze, dei terrori ) che attraverso il loro intelletto ( livello consapevole-razionale ) ».