PRESENTATA «LA TRAPPOLA»
TRAPANI – Il caffè letterario di via Libertà, a Trapani, è stato centro, venerdì sera, di uno dei rari momenti culturali della città.
L’occasione è stata la presentazione del film «La trappola», realizzato dal trentottenne regista e sceneggiatore Lemnaouer Ahmine, algerino che vive da sette anni in Italia. Oltre alle «crude» immagini e testimonianze del film che han portato il numeroso pubblico presente a vivere la realtà di uomini accolti, in Italia, come «rifugiati politici», ma presto abbandonati al loro destino, ha permesso di affrontare, col contributo importante degli spettatori, il tema delle politiche della solidarietà e dell’immigrazione.
IL RACCONTO DEL FILM. Il docu-film, sempre vivo e mai pesante, raccontava, «a caldo», la vicenda (2009) e la testimonianza di circa 250 «rifugiati politici» sfollati, con la forza, da abitazioni abbandonate che loro occupavano e costretti – dal sindaco Moratti – a vivere nei dormitori pubblici che tutt’altro sono che una casa e ove assolutamente non può vivere dignitosamente una famiglia. Per protesta alcuni di questi rifugiati occupano Piazza Oberdan, nel centro cittadino di Milano, e per diverse settimane dormono in quella piazza. Tuttavia, violando i diritti previsti dalle apposite Convenzioni Internazionali, l’Italia ed il sindaco Moratti non accoglieranno le loro richieste, ma anzi si produrranno in pesanti azioni di repressione psicologica. Della vicenda poco è apparso sulle TV di regime italiane, molto di piu’, invece, su Al Jazzera.
IL DIBATTITO IN SALA. In questi casi è sempre il dibattito in sala a rendere il polso di cosa pensa il «cittadino medio». Intanto è emersa una confusione fra il termine «immigrati» (circa 4,5 milioni in Italia) e «rifugiati politici» (sono solo 20.000 in Italia). Sono quest’ultimi gli «attori» del film e sono quest’ultimi ad avere tutta una serie di diritti, per Convenzioni Internazionali e fruire di appositi finanziamenti comunitari dei quali non si ha scienza della fine.
Interessante l’affermazione del regista Lemnaouer Ahmine secondo la quale gli «immigrati» servono … ma servono soprattutto a certi politici per farci «campagna elettorale» e agli imprenditori per ricattare i lavoratori italiani ed «abbassare il costo del lavoro».
In merito al fatto che l’Italia, a volte, calpesta i diritti dei «rifugiati politici» e i trattamenti della Questura di Milano non sempre sono corretti, Ahmine, durante il dibattito, s’è fatto «scappare» la battuta «purtroppo non tutti ci chiamiamo Ruby»!
L’autore ha cercato di far comprendere i sentimenti di chi scappa dal proprio paese dove è perseguitato per approdare in un altro, l’Italia, dove si è, comunque, degli «indesiderati», dove le famiglie vengono spesso divise (donne e bambini in un centro di «accoglienza» e mariti e padri in un altro), dove il razzismo inizia dai giornali perbenisti dove il giornalista di turno «precisa», a fianco di eventuali notizie di cronaca, la nazionalità dell’autore del reato, creando una preoccupazione ed un humus culturale dove l’uomo di strada pensa che tutti quelli di quella nazionalità sono ladri, stupratori ecc.
Un video, quello del film «La trappola», da vedere, da far vedere, a cominciare dalle scuole.
APPROFONDISCI:
– PEACEREPORTER, INTERVISTA AL REGISTA
– YOUTUBE, ALCUNE SCENE DEL FILM