UNA CHIESA TEMPLARE

La chiesa di Sant’Agostino, oggi sede del Polo Espositivo del Museo Diocesano di Trapani, è stata una delle più antiche chiese trapanesi, costruita vicina alla cinta muraria medievale.

Oggi il monumento sorge nel cuore del centro storico con facciata ad ovest, due altre porte si aprono sulla fronte nord e una terza, murata, è indiziata da un arco ogivale.

La chiesa originariamente era intitolata a San Giovanni Battista; la storia locale colloca la fondazione del I edificio al regno di Ruggero II e alla storia dei Cavalieri Templari (1118-1312). Secondo la tradizione l’ospizio dei Templari era sorto adiacente alla chiesa per la munificenza del cardinale Arrigo Beccatellis; questi, aveva donato ai Cavalieri il suo palazzo per farne la loro sede più occidentale in terra di Sicilia. Durante la prima crociata il porto di Trapani era frequentato anche dai pellegrini e dalle milizie che si recavano in Terra santa; Rocco Pirri afferma che la struttura fu realizzata soprattutto” pro ospitandis viris peregrinis in Hierusalem navigantibus erat” (Mazarensis Ecclesiae Episcopalis, Palermo 1733, p. 377).

Il 3 aprile 1312 l’Ordine dei Templari venne sciolto da Papa Clemente V e il successivo 2 maggio, una seconda Bolla pontificia , trasferiva i beni dei Templari ai Cavalieri Ospitalieri, in Sicilia come nel resto del mondo cristiano.

Questi ultimi subentrarono nella gestione della chiesa e dell’ospizio, probabilmente furono loro che intitolarono la chiesa al Battista. Due anni dopo Federico III affidò il sacro edificio agli Agostiniani, questi ne ebbero cura fino alla soppressione dell’Ordine nel 1869. Gli Agostiniani mantennero sicuramente la titolazione della chiesa a San Giovanni fino al 1535; dopo quella data inizia un’opera di abbellimento e ristrutturazione sia della chiesa che del convento e il sacro edificio viene intitolato a Sant’Agostino.

Sant’Agostino era la sede delle manifestazioni civili e religiose della pubblica amministrazione cittadina, veniva predicato il quaresimale, il predicatore era scelto e finanziato dal Consiglio cittadino e qui veniva proclamata la facoltà dei medici ad operare nel territorio. Nella chiesa, duomo della città, Carlo V confermò i privilegi della città di Trapani.

L’interno della chiesa presentava un’unica navata con il tetto a cabriata e il soffitto rivestito dalle tavolette dipinte. L’abside, secondo una testimonianza ottocentesca, riportata da V. Scuderi, era “quadrata e coperta da una volta acuta a lunette e divisa da costole, tre costole per ciascun lato” (10); questa zona fu danneggiata durante il periodo bellico e ricostruita in forma semicircolare con catino.

Benigno di Santa Caterina, nei primi anni dell’ottocento, contava dieci altari disposti cinque sul lato sud e altrettanti sul lato nord. Al centro l’altare maggiore in marmo bianco alla romana, realizzato a Palermo su disegno dello scultore trapanese Federico Siracusa. Nella zona absidale era collocato una grande pala con San Biagio Vescovo e Martire e l’organo; del Santo nella chiesa erano conservate le reliquie ossee.
A sinistra dell’altare maggiore era posto l’altare intitolato a Sant’Agostino, a seguire l’altare era dedicato a San Nicola da Tolentino.
In Sant’Agostino il terzo altare del lato sud era dedicato ai martiri San Crispino e san Crispignano, patroni dei calzolai, qui venivano approvati i maestri ammessi all’arte dei ciabattini e calzolai e venivano eletti e proclamati i consoli della maestranza. La pala sull’altare raffigurava i due martiri in un antico dipinto d’autore ignoto. I due altari successivi erano il quarto dedicato al Crocifisso e il quinto a San Giovanni di San Secondo.
Sul lato sud il primo altare era dedicato a San Tommaso di Villanova che dispensa l’elemosina ai poveri; nel successivo era posta la statua di Maria SS del Soccorso mentre il terso altare era intitolato a Santa Oliva.
Gli ultimi due altari erano dedicati alla Madonna di Trapani, la cui statua era posta in una nicchia, e vi era anche un antico dipinto con la Madonna della cintura e Santa Monica.
Probabilmente molti altari erano concessi in patronato con diritto di sepoltura come i due delle corporazioni artigiane dei sarti e dei calzolai o quello della Madonna del Soccorso alle famiglie di Francesco Mazziotta e Martino de Monaco. Altre sepolture furono concesse alla famiglia Alì e Carosio; ma non è difficile che l’altare intitolato a San Nicola da Tolentino fosse curato dalla famiglia de Caro che nel quattrocento aveva donato la reliquia del Santo; per l’altare di Sant’Agostino godeva del ius patronato la famiglia Abbrignano. Complessivamente le sepolture erano 59; molte delle epigrafi sono oggi conservate presso il Museo Pepoli.
Nella chiesa era presente anche un pulpito in marmo e un’epigrafe che ricordava il giuramento di Carlo V.

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2 risposte

  1. Vito Fiorino ha detto:

    ma la chiesa di san Nicola che è stata restaurata che fine ha fatto?

  2. Studio Fiscale ha detto:

    Chiusa…. e chiusa rimarrà per molto altro tempo