GLI ANTICHI ARCHI CITTADINI
Quanti di noi passando per alcune vie cittadine non si sono chiesti chi erano quei tizi a cui la via era intitolata o perchè quella tal via si chiamava proprio in quella maniera?
A noi è capitato e molto spesso, le risposte che ci siamo dati, o che siamo riusciti a trovare grazie a un buon libro (spesso di Mario Serraino) o parlando con qualche altro amico (Salvatore Accardi), a volte ci hanno lasciato sbalorditi.
Come la questione relativa a via Archi che prende il titolo da un antico acquedotto, ad archi appunto, che portava l'acqua in città.
Di questo acquedotto e della lunga fila di archi che lo componevano, come è facile verificare al più distratto degli osservatori, non è rimasta più nessuna traccia.
(acuqarello dell'antico acquedotto – fonte: www.trapaniantica.it )
“L’unica testimonianza – scrive Salvatore Accardi, sul sito trapaniantica.it – che ci resta dell’antico acquedotto e delle sue arcate è il disegno acquerellato della pianta topografica della strada rotabile che da Trapani conduceva al Tempio della Vergine di Trapani e sue terre adiacenti del 1855.”
La costruzione era abbastanza imponente, essa infatti si estendeva per oltre 17 chilometri che andavano dall'odierna area dove oggi sorge il Cimitero Comunale fino alla zona dove oggi insistono le caserme della Guardia di Finanza e dei Carabinieri.
“Fu nel 1603, ai giorni del re cattolico Filippo III, – ci dice sempre l'Accardi – che prendendo atto del pressante bisogno che la città aveva di approvvigionarsi di acqua furono prese una serie di dispendiose misure al fine di costruire quest'opera imponente. Quest'opera, autorizzata da una lettera del governo del 17 Agosto 1634 , riusci a portare in città, dopo un percorso di 12 miglia, la tanto agognata acqua proveniente dalle sorgenti di “Misericordia”. L'acquedotto entrava in città passando accanto all’antica porta Austriaca, portando l'acqua nella fontana che si trovava nei presi del Castello di Terra, poi arrivava alla fontana di S. Agostino, ed infine alla fontana delle Sirene che si trovava nella zona del porto (forse vicino all'odierna casina della Palme).”
Come abbiamo detto in apertura, di quell'acquedotto non esiste più niente, se non una via a lui intitolata. Esso fu demolito nella seconda metà dell'ottocento (quindi in epoca abbastanza recente) per fare posto all'espansione edilizia e alla creazione di nuovi quartieri, ieri come allora, vero chiodo fisso delle amministrazioni che si succedono.
Oggi come allora, tuteliamo ancora poco le ricchezze storiche e architettoniche che abbiamo e tra l'incuria e gli interessi di pochi rischiamo di veder scomparire altre testimonianze della nostra storia, come la torre della Colombaia e il Castello di Terra.
Un caro ringraziamento a salvatore Accardi e a Beppino Tartaro per la collaborazione.