Torre Carosio: Al via il processo
Se a seguito della recente sentenza (9 marzo 2007) del Giudice del Lavoro, sul caso “bagnini”, il Comune si è trovato con un “debito fuori bilancio” di circa 329.000 euro, col procedimento che si avvierà il prossimo 20 dicembre, davanti il Giudice del Tribunale Civile di Trapani,l’Amministrazione comunale potrebbe giungere a “caricarsi” di oltre ulteriori 200.000 euro di debiti.
Si svolgerà, infatti, in quella data, la prima udienza del procedimento avviato dal dott. Vincenzo Verro per recuperare dal Comune gli eventuali danni spettantigli per il caso della mancata vendita della Torre Carosio.
Ricordate? Il Comune mise all’asta una serie di beni, dallo stesso ritenuti inutili. Tra questi quattro appartamenti presso Palazzo Carosio. Una volta aggiudicati ed incassato il corrispettivo il Comune “scopre” – dietro denuncia del nostro giornale (vedi nostro articolo del 4 ottobre 2006) e “sollecito” della Soprintendenza BB.CC.AA. Che essi sono inalienabili.
Quindi il Comune annulla la vendita (vedi nostro articolo del 12 dicembre 2006 ). Ebbene il mancato acquirente si è rivolto, come già prospettato (vedi nostro articolo del 27 luglio 2007 ), al Giudice.
Per l’attore, il dott. Verro, «La condizione giuridica del bene erroneamente alienato dal Comune era alla stessa Amministrazione nota sia per la comunicazione del 17 ottobre 2006 allo stesso Comune a firma dell’Assessorato dei beni culturali ed ambientali e della P.I. che per la notifica del vincolo culturale avvenuta sin dal 1913».
Ancora secondo il ricorrente «Il Comune, invero, non può conoscere il proprio patrimonio culturale, né può attivare procedure, con spreco di soldi pubblici, mettendo in vendita beni demaniali non alienabili. La confusione e l’incompetenza ha regnato sovrana presso i responsabili del procedimento».
Si legge sempre nell’atto di citazione «La vendita posta in essere dal Comune è nulla avendo ad oggetto un bene demaniale fuori commercio. Il Comune ha assunto una responsabilità di carattere extracontrattuale da fatto illecito. L’Amministrazione comunale è, in ogni caso, gravemente inadempiente nei confronti dell’odierno attore, stante che a fronte dell’adempimento dell’acquirente, l’Amministrazione non ha provveduto alla stipulazione del rogito ricognitivo dell’acquisto, così come stabilito dal bando e più volte richiesto dall’odierno attore».
«L’Amministrazione comunale ha tenuto anche successivamente alla conclusione della vendita un comportamento illegittimo. Ambigue e contraddittorie sono state, infatti, le comunicazioni ufficiali provenienti dall’ufficio stampa del comune, che affermava la validità della vendita effettuata, negando addirittura la natura demaniale del bene illegittimamente venduto».
Tali comunicazioni dolosamente diffuse – il Comune già con nota del 17 ottobre 2006 era a conoscenza dell’esistenza del vincolo – hanno ingenerato confusione e procurato in capo all’attore perdite di tempo, denaro e chance.
L’Amministrazione comunale, inoltre, invece di rendere immediatamente edotto l’acquirente della natura demaniale del bene acquistato, invitata l’attore medesimo a dare incarico al notaio Antonio Aldo Piazza per la stipula del rogito, che non fu possibile effettuare a causa della demanialità, dolosamente nascosta dall’Amministrazione comunale».
A dimostrazione dell’imperizia dell’Amministrazione, il dott. Verro cita, nel proprio ricorso, come «Il Comune nei successivi bandi previsti per la vendita dei rimanenti lotti rimasti invenduti, reso opportunamente palese la possibile esistenza di vincoli culturali, con espressa indicazione di una discutibile clausola di esonero di responsabilità, non sussistente nei precedenti bandi ai quali ha partecipato l’odierno attore».
In conseguenza di tutte le precedenti considerazioni, secondo il dott. Verro, ed il legale che l’assiste, «Sussistono, pertanto, i presupposti per la tutela risarcitoria dell’attore (ingiusto evento dannoso, riferibilità dell’evento dannoso ad una condotta positiva ed omissiva della P.A., imputazione a titolo di dolo e/o colpa grave del comportamento della P.A.».
In merito al calcolo del risarcimento per tali ulteriori comportamenti illegittimi esso, secondo il ricorrente «deve ascendere fino a comprendere anche il lucro cessante consistente quest’ultimo nel mancato incremento dovuto al fatto che l’immobile non è entrato nel patrimonio dell’acquirente e si concretizza con la differenza tra il prezzo pattuito[circa 165.000 euro, NdR], ed il valore commerciale del bene».
Il calcolo è presto fatto: «L’immobile occupa una superficie di m. 200 e ricade all’interno di un contesto unico – quale la Torre Carosio, nel cuore del centro storico di Trapani, ove il valore dell’immobile per il pregio artistico e storico dell’immobile, che fa parte di una delle cinque tori di Trapani indicate nello stemma cittadino, non è inferiore a 1.800 euro al metro quadro».
Insomma la richiesta è di euro 200.000, euro più euro meno.
Il dott. Verro, in conclusione del proprio atto di citazione «auspica che il Comune provveda a chiamare in giudizio il responsabile del procedimento di dimissione dei beni comunali, onde evitare che, dalla manchevolezza e superficialità dello stesso, possa rispondere, con aggravio di bilancio l’intera collettività trapanese».
Solo un altro caso di mala-burocrazia, quindi?
Intanto il Comune non ci sta alla richiesta del dott. Verro e con delibera di Giunta n. 302 del 5 novembre 2007 ha autorizzato «al sindaco pro-tempore a costituirsi innanzi al Tribunale Civile di Trapani nel giudizio ivi promosso con atto del sig. Verro Vincenzo – udienza del 20 dicembre 2007. Conferendo l’incarico all’avv. Santoro Antonino del foro di Trapani a condizione che lo stesso accetti i minimi tariffari».