SODANO: LA LETTERA A FAZIO
Pubblichiamo, pensando di fare cosa utile agli Utenti, il testo integrale la lettera che l’ex prefetto Fulvio Sodano ha scritto al sindaco Fazio – per come già pubblicata dal settimanale Monitor – con riferimento alla Calcestruzzi Ericina e alla questione della mancata assegnazione della cittadinanza onoraria.
«Dott. Fazio,
quando mi hanno preannunciato la sua lettera, avevo pensato che finalmente avesse voluto fare ammenda nei confronti miei e della mia famiglia, per le menzogne, falsità, infamie, fango, che a più riprese e gratuitamente e senza mai essere stato chiamato in causa, ci ha riservato addosso (valga per tutto l’ignobile, indecorosa, squallida, diffamante intervista da lei rilasciata al giornalista Giacomazzi).
A proposito di quell’intervista: sono io a complimentarmi con lei. E’ perfettamente riuscito a farmi ancora del male; non ha certo risparmiato parole e sentimenti per svuotarmi addosso, gratuitamente e devi dire inaspettatamente, odio e rancore.
Complimenti, l’ho sottovalutata, ma attento avvocato Fazio, appellandomi alla saggezza popolare siciliana, potrei ricordarle alcuni detti che, per facilitarne la comprensione, sempre che ce ne fosse bisogno, riferiscono in italiano: non cammini scalzo chi semina spine ed ancora: chi litiga senza ragione, si accontenta senza soddisfazione.
Anticipo subito un suo pensiero; ciò non vuole assolutamente suonare come una minaccia da parte mia; non condivido e non mi appartengono i sentimenti di vendetta e di odio da le invece con tanta disinvoltura e naturalezza esternati e dei quali pure si compiace, credo piuttosto ad una giustizia divina che molto spesso si rivela provvida anche su questa Terra.
E per restare in tema, mi riesce però assai difficile apprezzare la sua opera da buon samaritano, urlata e ricordata con piacevole, sadica, sotterranea goduria, ai trapanesi e non solo, allorquando mi accompagnò sotto braccio alla cerimonia del 2 giugno 2003.
Ovviamente per meglio renderla efficace, sceglie del giornalista Giacomazzi, e non si accontenta di ricordare semplicemente l’opera buona, ma vuole proprio avere la certezza di avere presentato bene le schifose condizioni di salute del Prefetto Sodano; e non bada a spese a sprecare parole e aggiunge: vi assicuro che non era più una persona in grado di poter svolgere il delicato ruolo di prefetto in una provincia come la nostra,,, Ricorda la parabola del buon samaritano? Io semplicemente e con umiltà voglio ricordarle che le opere di bene, in quanto tali, non vanno urlate, neanche sussurrate perché è nel silenzio che arrivano direttamente al cuore e si convertono in carezze.
Preciso poi quanto segue: in primo luogo, io ho avuto il coraggio di mostrarmi apertamente alla gente in quello stato, malfermo sulle gambe e per la malattia ma molto anche per l’emozione (ma queste sono cose che lei non può certamente comprendere), mirando piuttosto allo scopo e cioè al coinvolgimento della cittadinanza tutta, come mai prima avvenuto, alla celebrazione del 2 giugno.
In secondo luogo, le ricordo che subito dopo l’esperienza trapanese, in quelle condizioni da lei descritte da relitto umano, ne ho iniziata, anche per volere di altri buoni samaritani, un’altra, e anche per quella non sono mancati risultati concreti a favore della società civile e per lo stato. Le do una lezione: molto spesso le capacità di un uomo e di un buon funzionario dello Stato discendono dalla combinazione sinergica di tre cose; cervelli, cuore e credo, le quali possono benissimo alloggiare in un contenitore – corpo, non necessariamente aitante ed atletico, magari come il suo!
Boom!
Come dicevo mi aspettavo delle scuse, ma mi sbagliavo, perchè lei, imperterrito, ha continuato sulla stessa falsariga. Riflettendo però sulla circostanza che il mio silenzio sarebbe stato interpretato come un segnale di debolezza, eccomi a ribattere colpo su colpo.
Sbomberiamo subito il campo da una serie di illazioni tendenziose da lei fatte, voglio sperare almeno in buona fede. In primo luogo, sono sempre stato un uomo libero, rispondo solo alla mia coscienza, al mio cervello e stia tranquillo, non mi sono mai fatto strumentalizzare da nessuno. La mia vicenda è solo una grave ingiustizia istituzionale che ho dovuto subire e non c’è alcun complotto politico sotto. A proposito della mia vicenda ho affermato solo che l’artefice occulto del mio allontanamento è stato il sen. D’Alì e la Magistratura ne sta accertando il perchè. Al riguardo è quanto mai strano il comportamento suo e del Prefetto Finazzo che, senza essere stati da me richiamati in causa, vi siete schierato contro di me a favore di D’Alì. Poiché non siamo nati ieri, sappiamo bene i motivi di gratitudine che vi hanno spinto a tali ignobili comportamenti e non mi faccia entrare in particolari che per voi sarebbero assai imbarazzanti.
Essere poi amico personale di Salvatore Cuffaro, non significa come lei maliziosamente a più riprese sta tentando di insinuare nella gente essere cuffariano. Per l’amicizia è sentimento e spirito e nient’altro. So bene che invece per lei è altra cosa. Se fossi stato cuffariano nel senso da lei inteso, la mia vincenda avrebbe avuto bel altro sviluppo e fine. Le riunioni in prefettura con la partecipazione del Presidente della Regione, erano solo fatti istituzionali, nell’interesse dei trapanesi che a me stanno particolarmente a cuore; a lei non credo. A proposito, si vada a leggere su un qualsiasi vocabolario della lingua italiana la definizione di amicizia e si renderà conto che ad essere nel giusto sono io.
Per quanto riguarda la presunta confidenza che le avrei fatto, proprio non la ricordo. Anche perché se gliela avessi fatta, sarei stato da manicomio ed io pazzo non sono. Anche questa volta preferisco pensare che, in buona fede, ricorda male.
Ma come si fa ad essere malati di una grave malattia progressiva ed aspirare ad una sede di prestigio? Mah! La verità è che è consapevole di tutto ciò che avevo chiesto al ministro, tramite il suo Capo di gabinetto Prefetto Mosca che è ancora vivo e vegeto, di essere lasciato a Trapani, cosa che non si è fatta, solo grazie alle indebiti pressioni del suo senatore D’Alì.
E veniamo ad “Anno Zero”. Io, come credo anche la stragrande maggioranza degli italiano, non mi sono sentito offeso dalla trasmissione. Del resto quando si dice la verità, non c’è niente da sentirsi offesi. Se poi si parla di mafia non si può pretendere di sentire cose belle. Credo anche che informare la gente che altrimenti non saprebbe è fatto assolutamente meritorio.
Visto che si parlava della mia vicenda, assurdo sarebbe stato intervistare il Prefetto Finazzo. Cosa avrebbe potuto dire? Credo nulla di utile.
Conoscendo i personaggi sono certo che avrebbe magnificato la sua attività in tema di confische (si sa la propaganda è l’anima del commercio), dimenticando di ricordare che ha solo raccolto quello che io ho seminato in silenzio. Che fatica!!!
la informo poi che mia moglie nella circostanza mia ha solo prestato la voce e tutto e tutto ciò che è stato detto è riconducibile solo a me. Che squallore le sue dichiarazioni! Al riguardo lei si che ha profuso a piene mani livore e veleno! Si vergogni! Il sen. D’Alì più volte è stato invitato a dire la sua verità. Ma è scappato e quando si fugge si ha sempre qualcosa da nascondere. L’impressione che ha dato agli italiani il povero senatore è la stessa del geometra Nasca (per la cronaca servitore infedele dello stato asservito alle cosche mafiose): tutti e due si sottraevano al confronto. La verità è che è stato preso alla sprovvista e che aveva bisogno di tempo per inventare il castello di bugie che ha messo su.
E parliamo ora dello spinoso problema della cittadinanza onoraria. Innanzi tutto non capisco perchè avrei dovuto parlare con lei della mia attività in favore della Ericina, né delle intimidazioni subite. Sa, io sono abituato a lavorare in silenzio, con vero spirito di servizio, a differenza di altri che sono soliti vantarsi, ampliando e propagandando quel poco che fanno, la saggezza popolare ama dire al riguardo: se nessuno mi vanta mi vanto io. Comunque sappia che per la Ericina ho fatto molto e se l’azienda è sopravvissuta, lo deve in gran parte a me e a Libera. Lei, piuttosto, da buon amministratoree poiché non è il padre eterno (per nostra fortuna ce n’è uno solo), dovendo decidere sulla cittadinanza avrebbe avuto il dovere di informarsi. Gli atti giudiziari parlano chiaro. Ma lei è arrogante e troppo pieno di se e non sa umiltà e spirito di servizio cosa siano. Parlavo di provvedimenti della magistratura per me resta un cardine dei Paesi democratici.
La mia azione in favore della Ericina però non è piaciuta a tutti. Innanzi tutto ai mafiosi e po anche al senatore D’Alì che mi redarguì perchè a suo parere alteravo il libero mercato (che spudoratezza!).
Le racconto ora la verità sulla vicenda. Ho saputo della unanime delibera consiliare da una comunicazione ufficiale del presidente del consiglio comunale (ne allego copia). Ci sono comunque alcuni fatti incontrovertibili: la volontà unanime del Consiglio di conferirmi la cittadinanza ed altrettanto innegabile è che lei ha adottato una decisione di segno opposto.
Ebbene, con tale comportamento lei si è fatto gioco della volontà espressa all’unanimità dal Consiglio. Ma poiché quel consesso è rappresentativo della volontà popolare, lei s è fatto gioco dei trapanesi. Questo è il concetto che ho espresso a Erice. Aggiungendo che il suo comportamento era stato dilatorio ed omissivo, credo proprio sia la nuda e cruda verità.
Mi segua ancora. A chi concederebbe l’onorifica distinzione tre uno che ha contribuito a liberare Trapani dal capomafia, ha scoperto un complotto affaristico mafioso ed ha sventato il tentativo mafioso di cosa nostra di riappropriarsi di un bene confiscato dallo stato al boss Virga, ed un giornalista che, commentando la Coppa America di vela ha magnificato la cucina trapanese? Credo che non ci siano dubbi. Ebbene lei ha premiato il giornalista. E poiché è una decisione illogica ed assurda e come ha detto lei citando Andreotti, a pensare male si indovina, ho ritenuto e detto che tale comportamento illogico era riconducibile ad un divieto del suo dante causa o ad un suo gentile regalo allo stesso. Sa a Napoli cosa diciamo? Glielo italianizzo: qua nessuno è fesso.
Mi consenta ora alcune considerazioni finali: patetico è il tentativo di rifarsi una verginità politica. Uomo indipendente e libero che non risponde a logiche di potere e lo dice proprio a me che conosco anche i retroscena della sua discesa in politica.
Dalla sua lettera si evince quasi che non ha niente a che vedere con il senatore D’Alì; evita addirittura di scriverne il nome. E meno male che si definisce non ipocrita. A contraddirla sono le riprese televisive che la immortalano in più occasioni, mentre in maniera scomposta e sguaiata, applaude il senatore fino a spellarsi le mani. E poi la chicca finale: anche lei novello Berlusconi si sente perseguitato dai magistrati. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
Mi perdoni se ho dimenticato qualcosa.
Tanto le dovevo».
8 settembre 2007
Fulvio Sodano