COMUNE VERSO LO SCIOGLIMENTO?
ERICE – Al momento in cui scriviamo non c’è nulla di certo, né tanto meno di ufficiale. La cosa certa è che il commissario regionale dopo aver approvato, lunedì 17, il Bilancio di “previsione” avrebbe predisposto e trasmesso all’Assessorato Regionale agli Enti Locali una relazione su quanto accaduto ad Erice, al termine della quale ci sarebbe la proposta di scioglimento del Consiglio comunale.
Le norme regionali – ricordiamo che la Sicilia è una Regione “per i cazzi suoi” (ovvero a Statuto Speciale) – non le conosciamo e non siamo riusciti a rintracciarle in rete. Le norme nazionali di riferimento, alle quale le regionali “si ispirano”, sono tuttavia chiare.
All’art. 142, comma 1, lettera a, del D. Lgs. 267/00, sta scritto: “I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno: a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge …”. La mancata approvazione del Bilancio di previsione (un obbligo di legge, l’approvazione) rientrerebbe in tale casistica.
Automaticamente secondo l’art. 53, comma 4, sempre della norma citata: “Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonché delle rispettive giunte”. Tuttavia, sembra, che la normativa regionale non recepisca tale passaggio.
Ma prima di essere “sciolto” il Consiglio potrebbe, in ogni caso, “con un ultimo colpo di coda”, del tipo “muoia Sanzone con tutti i Filistei” (a mali estremi, estremi rimedi), o approvare la oramai mozione di sfiducia (ventilata da mesi ma mai ufficialmente proposta) ovvero utilizzare lo strumento delle dimissioni “di massa” di almeno la metà più uno dei consiglieri (undici) che comporterebbe – sempre secondo la norma nazionale – la “caduta” anche del Sindaco e della Giunta.
In tal senso sempre l’art. 142, comma 1, ma il punto 3, del D.Lgs. 267/00 recita: “dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati”.
In proposito – pur trovandoci nell’ambito dell’incertezza, anche giuridica assoluta – riceviamo un commento da parte del consigliere dell’UDC, avv. Alberto Mazzeo.
“A questo punto se i consiglieri comunali hanno un po di orgoglio e dignità come credo che ne abbiano, se rappresentano una classe dirigente che vuole amministrare il comune, e credo che la rappresentino, dovranno sfiduciare il sindaco ed andare a nuove elezioni. Io credo che dopo l’ennesima mortificazione e provocazione subita da questo consiglio ad opera del sindaco la sera della trattazione del bilancio (il sindaco ha dichiarato che non avrebbe tenuto conto degli emendamenti) i consiglieri comunali che realmente credono nella Politica (con la P maiuscola) dovranno essere conseguenziali. Io queste cose le penso realmente e le ho dette agli altri colleghi speriamo che mi seguano scevri da qualsiasi voglia di poltrone e finalmente si dia la parola ai cittadini”.
Comunque il sindaco Tranchida, a chi l’ha incontrato ieri, è parso tranquillo e occorre ricordare che le norme sempre su citate – all’art. 142, comma 2, stabiliscono che “In attesa del decreto, il prefetto può sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente necessità”.
Insomma se i poteri dei consiglieri fossero “sospesi”, probabilmente l’unica strada sarebbe quella delle elezioni – in primavera – solo del Consiglio per “dare” in Consiglio, a Tranchida, la “maggioranza” e la “governabilità” – senza più “scuse” – del Comune sino alla fine del suo mandato.