WEB E DEMOCRAZIA. LE PAURE DELL’OCCIDENTE

Carlo RutaMa chi ha paura di internet? Le cronache degli ultimi anni hanno documentato repressioni plateali in Birmania, nella Cina Popolare, in Iran, in altri paesi.

È comprovato poi il contributo che i social network hanno offerto, fino ad oggi, alle lotte per la democrazia, aiutando a rompere l’isolamento e a coordinare i progetti di resistenza. È quanto sta accadendo in diversi paesi arabi, dal Maghreb al Medio Oriente.

La prima lezione che viene dai fatti chiarisce allora che il nesso tra web e democrazia è fondamentale. La questione è tuttavia complessa, perché le realtà appena citate rappresentano il limite estremo, mentre misure di controllo sofisticate vengono tentate nei paesi liberal, dove la rete rischia di finire in rotte di collisione con i poteri più forti della terra.

La vicenda di Wikileaks, l’organizzazione che ha svelato la guerra in Afghanistan, alcune stragi di civili in Iraq e i «punti di vista» della diplomazia statunitense nel mondo, dimostra che si è già alle scaramucce. Il web, mentre espande la democrazia reale, mette alla prova i sistemi che si fregiano dell’appellativo liberal, potendone svelare con una efficacia inedita le illiberalità nascoste, le ipocrisie, gli affari fondamentali in ombra.

Quale strumento di democrazia sostanziale, esso può costituire allora il tallone di Achille delle democrazie ufficiali, con implicazioni non indifferenti sotto vari profili. Disponendo di un PC, l’attivista del web che rivendica, come il Condor degli anni settanta, la trasparenza politica non ha bisogno di attraversare uno spazio fisico, sobbarcandosi fatiche di livello mitologico, per varcare l’ingresso del New York Times. Attraverso la posta elettronica, i blog, you tube, twitter, facebook, e altro ancora, egli può comunicare con numeri altissimi di utenti, di tutti i continenti.

Ai trailer, ai reportage e alle analisi negli ultimi anni hanno cercato di forzare il muro del segreto, in tutte le sue declinazioni, si è risposto talvolta in modo goffo e secco, con l’oscuramento di siti, la condanna di giornalisti-blogger in sede civile e penale, l’applicazione di leggi desuete. Ma si è operato soprattutto in chiave strategica, con tentativi continui di introdurre nuove regole, più o meno dirette. Le normative sollecitate dall’Agcom, formalmente per la tutela del diritto d’autore, come il recente ddl che vorrebbe imporre l’obbligo di rettifica su semplice richiesta di parti che si ritengono offese sono un po’ la sintesi di questo lavorio. Ed è storia di oggi.

(* – sintesi di un piu’ ampia articolo dell’autore).

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