ERICE, LA FUNIVIA CHE C’ERA
Alla luce della nuova polemica sulla funivia di Erice, e non "funicolare" come letto nell’intervento del consigliere Nacci che è il famoso trenino a cremaglera, proponiamo un pezzo dell’architetto Vito Mancuso uscito su un quotidiano locale al tempo della progettazione dell’impianto che oggi sembra profetico.
Secondo l’architetto pensare nel XXI sec. di alimentare un tale impianto a energia elettrica è alquanto allucinante.
La recente acquisizione del progetto della K&M per 400 milioni di lire da parte della Provincia regionale di Trapani, rientra nella pianificazione delle amministrazioni ericine succedutesi nell’ultimo trentennio, mirata alla fattibilità di un nuovo collegamento via cavo tra il capoluogo della valle e il borgo medioevale della vetta.
Perr la cronaca cito i passaggi a me noti della recente programmazione: a fronte di un concorso per lo studio di fattibilità della Cabinovia, da finanziare con i fondi di Agenda 2000 e il progetto di finanza, bandito dall’ente locale nella primavera 2000, la società dell’imprenditore Kurt Mayer, nei tempi previsti dal bando, omaggiava dello studio preliminare e si aggiudicava la realizzazione dell’opera nonché il project financing per la gestione del servizio. Produzione questa al vaglio d’indagine per i noti sviluppi giudiziari della K&M e tuttavia inserita nel protocollo d’intesa del Progetto Integrale Territoriale, denominato “Sistema turistico integrato della costa centrosettentrionale della provincia di Trapani” con una previsione di spesa di circa 6,5 miliardi di lire relativi ad Agenda 2000.
Il progetto in esame non coinvolge i resti della funivia dismessa attorno agli anni Settanta, consistenti nelle due stazioni di valle e vetta e i piloni in acciaio ancora visibili sul monte San Giuliano, al punto da far esprimere alcune compagini dell’amministrazione ericina sulla necessità di demolizione della stazione di vetta e dei “brutti tralicci”.
A questo punto la nostra curiosità di cultori di archeologia industriale viene incentivata dalla telefonata, proveniente da Catania, dell’ingegnere Antonio Barbagallo Imar, volta a segnalare alla Soprintendenza trapanese la peculiarità dei macchinari che a suo tempo, nell’intervallare di un ventennio, fece sorvolare i trapanesi verso il Tempio di Venere.
I contatti intercorsi con l’Ing. Barbagallo, all’epoca responsabile amministrativo della funivia di Erice, i sopralluoghi a quel che si consideravano reperti privi di peculiare interesse e le ricerche d’archivio, hanno svelato una storia industriale del territorio interessante e datata quanto il secolo appena trascorso.
Del collegamento teleferico tra la valle trapanese ed Erice, si inizia ad auspicare e progettare sin dagli anni Venti, con la creazione di un comitato per la raccolta dei fondi e l’intervento del regime per il 45% del costo dell’opera (Giornale di Sicilia 19-20 marzo 1929 “La prima teleferica siciliana”), la progettazione e, riteniamo anche il suggerimento dell’opera, sono datati dall’archivio personale dell’architetto ingegnere Francesco La Grassa (primi studi attorno il 1923), il più prolifico degli architetti costruttori di stile modernista e floreale, operante nel trapanese e del quale rimangono eccelse testimonianze non solo a Trapani ed Erice ma anche in Roma, Ragusa e Noto.
Il La Grassa, a più riprese, progetta impianti via terra e fune per merci e persone tra la valle ed Erice, con collegamenti che riguardavano anche l’agroericino di Paparella, l’attuale Valderice, aggiornandone le varie fasi preliminari con le continue innovazioni tecnologiche che l’ingegneria meccanica formulava in quegli anni. Nel regesto delle sue opere, recentemente rinvenuto a Roma dal pronipote architetto Luca Scalvedi, rileviamo a seguire, i progetti per la Ferrovia dentata fra le città di Trapani e Monte San Giuliano, una Funicolare fra le città di Trapani e Monte San Giuliano, una Ferrovia ad una sola rotaia fra le città di Trapani e Monte San Giuliano, Tranvie elettriche fra le due città e la Teleferica per passeggeri e merci fra le città di Trapani e Monte San Giuliano.
La funivia di Erice vedrà la luce, quale primo impianto a fune della Sicilia, negli anni Cinquanta su progetto ed opera dell’industriale ingegnere Dino Lora Totino conte di Cervinia, fondatore della località alpina negli anni Venti, nonché della funivia Courmayeur-Chamonix quale titolare della Società Funivie d’Italia, trascinata alla crisi societaria col fine di ottenere la sua personale concessione del traforo del Monte Bianco. I cultori della storia industriale italiana hanno ben presente il ruolo che il conte Lora Totino rivestirà nel panorama economico nazionale.
Lora Totino darà vita alla S.I.T.A.S., Società funivie dell’Etna ed Erice, che gestirà convenzionalmente l’impianto di risalita dall’inaugurazione, avvenuta nel 1959, alla cessione a fine anni Sessanta, al consorzio pubblico formato dai comuni di Trapani, Erice e dalla Provincia, prima della scadenza naturale della convenzione per via dell’impossibilità di ripianamento dei costi di gestione.
La funivia, con frequenti sospensioni del servizio, rimarrà in attività per un altro decennio.
Le cabine furono costruite dal cantiere S. Bernardino di Voltri e progettate, tra gli altri, dal prof. ing. Vittorio Zignoli, costruttore del “pilone aereo” ideato da Lora Totino per superare i 3300 metri di campata del tratto del Gros Rognon e la Punta Helbronner della funivia dei ghiacciai del Monte Bianco, considerati allora meraviglia della tecnica delle costruzioni.
Contemporaneamente alla realizzazione della funivia, ad Erice si costruirà il primo Ponte Radio tra Europa ed Africa, curato da tecnici italiani e francesi, che causerà non poche problematiche tecniche alla progettazione della funivia in quanto i due impianti interessavano il sito di Porta Trapani (l’ex piazzale delle Forche). Il tracciato della funivia, con i piloni in ferro, poneva problemi d’interferenza alle onde radio, causa per la quale l’Ispettorato Generale delle Telecomunicazioni relazionò affinché i piloni fossero realizzati in cemento armato, cosa che sappiamo non avvenne
L’archivio storico della biblioteca comunale conserva gli articoli di stampa dell’incidente sul lavoro costato la vita di quattro operai durante i lavori di fondazione di uno dei piloni.
La permanenza nella ex stazione di vetta di resti industriali, di particolare pregio storico, quali un motore elettrico Tecnomasio Brown Boveri (1954) e un motore supplementare a scoppio Isotta Fraschini a otto cilindri (probabilmente del 1924, uno dei pochi esemplari rimasti in Italia di questo glorioso marchio automobilistico) e dei quali si è segnalato all’Amministrazione e alla Soprintendenza la peculiarità e l’esigenza della tutela, annoverano l’ex Funivia di Erice tra le testimonianze del patrimonio industriale trapanese di particolare pregio ed eredità materiale, al pari del patrimonio archeologico, peraltro coeso vistasi la prossimità delle mura Puniche, oggetto di recente intervento di recupero, alla stazione di Vetta, condizioni storico ambientali che portano ad avanzare un progetto di fattibilità che individui nel riuso compatibile dell’ex stazione, il sito idoneo alla realizzazione del museo delle mura Puniche, dove illustrare le metodologie scientifiche del restauro, le restituzioni archeologiche degli antichi tracciati del borgo Elimo-punico, parallelamente alla catalogazione dei reperti industriali e alla memoria storica della realizzazione della prima funivia siciliana.
La coesione tra i resti del patrimonio industriale e il patrimonio artistico-archeologico, si va sempre più affermando quale valore aggiunto della fruizione culturale di un determinato territorio, poiché entrambi testimoniano eredità umana, pensiero speculativo e manifestazione del luogo, elementi questi, che non potranno essere trascurati dall’attuale rilancio turistico-culturale espresso dalla nuova amministrazione di Erice, volto al ripopolamento del borgo e all’inserimento del polo turistico nei circuiti internazionali di qualità. Per quanto concerne la presenza dei piloni, andrebbe ribaltato il concetto di “ferro vecchio” in utile supporto per interventi di landscap art, invitando artisti di fama a realizzare installazioni visibili da tutto il territorio provinciale.
E’ doveroso porre un’ultima considerazione di ordine tecnico. Dai contatti intercorsi con i protagonisti della progettazione e realizzazione dell’opera a fune dell’epoca, si apprende che la chiusura dell’impianto, oltre ai problemi gestionali (il bilancio della società fu sempre in passivo a causa del progressivo svuotamento della Vetta e della non continua presenza turistica), anche dalle forti e frequenti perturbazioni eoliche, soprattutto nel tratto tra il 3° e 5° pilone, che ne causavano la sovente sospensione del servizio se non addirittura il fermo delle cabine in quota, con la conseguente apprensione dei passeggeri, sino al calare del maestrale o dello scirocco che i trapanesi ben conoscono. Considerazione questa che nelle more della fattibilità di nuovi impianti, pone la riflessione tecnica se non sia il caso di valutare l’utilizzo di mezzi alternativi quali funicolari o trenini a cremagliera lungo la servitù di volo del vecchio tracciato, così come ad inizio secolo aveva avanzato l’architetto La Grassa, o azzardando tecnologicamente, ascensori panoramici.