Il mio percorso per avvicinarmi alla felicità
Cosa cerchiamo, tutti noi, nella nostra vita? Sicuramente e semplicemente la “felicità”.
In questo percorso di vita, tuttavia, c’è il problema d’individuare cosa sia veramente la “felicità”. Forse è il possedere più denaro, più beni materiali, più riconoscimenti da parte degli altri, più potere? Oppure solo l’essere “sereni”?
E se fosse quest’ultimo l’obiettivo, come raggiungerlo?
Io, una mia idea, nel tempo, me la sono fatta.
Felicità passo 1 – Meno mobili, più spazio
Tutto è cominciato nella primavera 2015. Improvvisamente quell’enorme e scuro studio che mi aveva regalato mio padre molti anni prima, e il cui volume occupava buona parte del soggiorno, mi sembrava troppo ingombrante.
Sentivo il bisogno di “spazio”.
Decisi di dismetterlo con qualcosa di più modesta dimensione e di colore più tenue.
Realizzato l’intendimento, provai subito la sensazione di poter “respirare” meglio, di avere più “aria”.
In questi giorni sto provando a dare ancora più “spazio” alla mia vita. Sto rimuovendo quegli oggetti che sono superflui (libri ammucchiati in libreria ma mai letti e che so mai leggerò, indumenti che non metto più o sono decisamente sovrannumerari, soprammobili, il vecchio computer irreparabile ma che conservavo per l’eventualità di servisse qualche pezzo, il tappeto ricettacolo solo di polvere …).
In vantaggio che ne ricavo è ordine: una maggiore semplicità e velocità nel pulire la casa, una maggiore facilità nel riporre indumenti o prenderli dai cassetti. Insomma, un principio di “serenità”.
Felicità passo 2 – Meno spese, meno lavoro, più tempo libero
Un secondo episodio importante è accaduto nell’autunno del 2016. Una discussione col capo ufficio. L’agitazione provata m’indusse a misurare la pressione. Scoprii, di soffrire di “pressione alta”.
Fu l’ultima goccia d’un vaso già pieno.
Da tempo non mi sentivo gratificato dal lavoro che svolgevo. Sentivo di “perdere tempo”. Di stare ore e ore chiuso in una stanza a svolgere lavoro inutile. Tempo che avrei ben potuto dedicare ad altro che ritenevo più utile per me, la mia famiglia, la mia comunità. La sera, invece, stanco e insoddisfatto, non sentivo più le forze.
Nacque l’idea di “cambiare vita”. Lasciare l’azienda per la quale lavoravo “in trasferta” oltre cento chilometri lontano da casa.
In effetti mi rendevo conto che conducevo già un tenore di vita abbastanza sobrio.
Le manie “consumiste” della gioventù s’erano arrestate. Avevo perfino dismesso l’unica autovettura che possedevo e con ciò tagliato le spese mensili di mobilità (carburante, manutenzione, tasse, assicurazione, strisce blu, multe). Avevo scoperto, rabbrividendo, che il guadagno di un giorno di lavoro la settimana serviva solo per pagare l’autovettura!
Compravo solo quel che effettivamente mi serviva e non quello che dovevo “mostrare” agli altri per sentirmi “qualcuno” o sentirmi “nel gruppo”.
Insomma guadagnavo molto di più di quanto mi servisse. A che pro? Per garantirmi un “futuro”? Ed il mio pessimo “presente” chi me lo avrebbe ridato, in “futuro”?
Per farla breve, ho lasciato quell’azienda. Oggi lavoro part time, solo due mattinate alla settimana, vicino casa. Mi reco al lavoro talvolta in bici, qualche altra in bus. Guadagno quel che mi serve, non un euro di più, non un euro in meno.
Grazie a questa scelta, ho “svuotato” la mia mente da un elemento di “pressione” psicologica. L’estate scorsa ho sospeso l’assunzione delle pillole per la pressione. I valori, complice forse anche il caldo, erano rientrati in una fascia d’oscillazione normale.
Felicità passo 3 – Fare quel che mi piace, stare con chi amo
Oggi ho dei ritmi di vita più liberi, meno costrittivi. Non vuol dire che dorma di più. Solo che non ho la “pressione” di alzarmi e correre a prendere quel dannato pullman per Palermo. Di restare in ufficio anche quando sono stanco o quando non c’è proprio lavoro da svolgere.
Il tempo risparmiato lo dedico ora ai miei hobby. Scrivere, seguire i miei figli nei compiti o in palestra. Ho ripreso a studiare.
Ho capito che è il “tempo” l’unico bene prezioso, non gli oggetti accumulati.
Sono più “sereno”. Certo non ancora abbastanza, il mio percorso verso la “felicità” è ancora “in itinere”.
Non sarò proprio un Fumio Sasaki, uno dei più conosciuti fautori del “minimalismo” materiale, ma credo che sia la strada giusta per giungere al quel minimalismo “spirituale”, anche se non proprio epicureo, che potrà donarmi la “felicità” agognata.