Assurdo! Pago l’acqua che non consumo
TRAPANI, 12 MAR – A volte la burocrazia arriva all’assurdo! Si arriva, ad esempio, al caso estremo del cittadino, che guarda caso sono proprio io, che ha la casa chiusa per tutto l’anno e che si vede arrivare una bolletta dell’acqua con consumi “zero tondo”, ma con un corrispettivo da pagare di 46,20 euro.
Uno, in questi casi, vuole “capire”. Ma si imbatte nei “muri”, o nei “sordi”.
«La quota fissa riguarda la gestione del contratto di fornitura e pertanto contiene il costo degli adempimenti amministrativi e non può che riguardare il singolo contratto».
E’ quanto risponde il sindaco Vito Damiano, lo scorso 3 ottobre, all’interrogazione del consigliere comunale Domenico Ferrante che ne aveva chiesto, invece, la ripartizione, in sostanza, in base al consumo delle singole utenze.
La somma di 46,20 (42+IVA al 10%) secondo l’ing. Eugenio Sardo, dirigente del Servizio idrico del Comune di Trapani, va, in sostanza, semplicemente «iscritta ad ogni singolo contratto a prescindere dai consumi», nulla incidendo se a quel contratto è collegato un immobile mono-familiare o un condominio da 10 o più appartamenti (e quindi 10 o più famiglie che consumano).
E’ di tutta evidenza che chi vive in un immobile mono-familiare (pensiamo alle frazioni, ad esempio), è del tutto svantaggiato nell’addebito. La “quota fissa”, infatti, può incidere 46,20 per le case-monofamiliari o 4,60 euro per ogni condomino che abita un immobile da 10 famiglie: una bella ingiustizia!
Indagando, scopriamo che in totale, per “quota fissa”, il Comune di Trapani incassa 706mila euro circa. E’ la fetta (che rileviamo dal bilancio consuntivo 2011) del più grossa torta da circa 5 milioni di euro [SCARICA QUI IL PROSPETTO] che il Comune di Trapani destina alla copertura dei costi del servizio idrico integrato ma che, piuttosto che prelevare fra tutti gli utenti in funzione del consumo, esige siano versati in ragione della sola esistenza di un contratto di somministrazione idrica.
Scopriamo pure che il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recita che «La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed e’ determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, … secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”».
E scopriamo, infine, che la Delibera CIPE 4 aprile 2001 n. 52/01, è vero che riporta che «L’attuale canone per nolo contatore prende il nome di quota fissa e viene applicata ad ogni singola unità di utenza», ma siamo certi nessuno vieta che tale “quota fissa” sia articolata, ad esempio, “a scaglioni” (in base ai consumi), o differenziando le “prime case” dalle altre tipologie di immobili.
La “quota fissa”, comunque, è passata da € 4,65 per utenza [anno 2010, QUI LA DELIBERA N. 113], a 40 euro [+IVA, anno 2011, QUI LA DELIBERA N. 129], per giungere ai 42 [+IVA, anno 2012, QUI LA DELIBERA N. 141], mentre la stessa Delibera CIPE del 2001, sopra riportata statuisce che la “quota fissa” può aumentare «comunque fino ad un massimo di tre volte la quota prevista dal provvedimento CIP n. 45/1974», non oltre, e qui, invece, siamo arrivati a 10 volte!
Una “tassa” da rivedere, insomma, secondo noi, tanto per cercare quella “equità fiscale” cui il sindaco Damiano tiene tanto visto che ha pure “inventato” un apposito assessorato all’equità fiscale.