CPT: IN POCHI A PROTESTARE!

ImageTRAPANI – Si è svolto oggi, dalle ore 15,00 alle 20,00, un presidio davanti al già Centro di Permanenza Temporanea “Serraino Vulpitta” per ricordare, a undici anni di distanza, la strage in cui sei migranti (Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti, Nasim) morirono bruciati in seguito a un tentativo di fuga. Si è registrata la mancanza di partecipazione sia da parte del mondo politico che di cittadini.


Gli organizzatori del Coordinamento per la Pace, del Circolo "aMalaTesta"-Arci, di Emergency e di altre realtà operanti nel settore della mobilità, oltre a portare solidarietà agli ospiti attuali, hanno voluto manifestare
«perché il “Serraino Vulpitta” – si legge in un comunicato – sia chiuso e contro l’apertura della nuova struttura di contrada Milo; per la chiusura di tutti i CIE e l’abolizione della Bossi-Fini e il pacchetto-sicurezza; per l’eliminazione del legame obbligatorio tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno; per il riconoscimento dei diritti fondamentali per tutti, immigrati e no; per la libertà di movimento di tutte e tutti, in Italia e nel mondo; per la solidarietà e la giustizia sociale, contro il razzismo e ogni forma di repressione».

ImageI CPT erano stati istituiti con la legge Turco-Napolitano e oggi, nonostante sia stata modificata la denominazione (Centro di Identificazione ed Espulsione), sono attuali, perché come a Milano, Torino, Bologna, Bari, Crotone, dimostrano sia le difficoltà di gestire un universo “cocente” (sommosse, fughe, autolesioni…), e sia l’incapacità di trovare una soluzione al fenomeno, nonostante una normativa considerata “repressiva”.

A Trapani, in contrada Milo (inizio dell’autostrada TP-PA) è stato ultimato il nuovo Centro di Identificazione ed Espulsione, una struttura che ai passanti dà l’impressione più di un carcere che di un Centro di trattenimento.

Forse è opportuno, piuttosto che costruire CIE, con enorme spreco di denaro pubblico e difficoltà di gestione, rivedere la legge sull’immigrazione e, con l’apporto degli operatori sociali, riformulare una legge che, pur regolando l’ingresso in Italia, sia riconosciuta la dignità di ogni persona e dia una soluzione umana alla presenza di tanti uomini e donne che, non per colpa loro, si trovano costretti a lasciare i loro paesi e gli affetti per emigrare.

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