DA AGUECI SPUNTI DI UN DIBATTITO SULLA LAICITA’

Salvatore Agueci

Salvatore Agueci

TRAPANI – Il concittadino Salvatore Agueci, nello scorso anno, è stato autore di un piccolo libro («La laicità dei non laici») che avrebbe meritato, secondo noi, un dibattito ben piu’ profondo che quello semplicemente letterario o religioso. Agueci, che di professione, è bene dirlo per chi non lo conoscesse, prima d’andare in pensione, faceva l’insegnante di religione cattolica, nel libro tocca, infatti, un tema, la «laicità», così poco dibattuto nella politica locale. Pur non condividendo la posizione di Agueci riteniamo essa utile ad un piccolo nostro commento.

Agueci, è bene dire anche questo, non ci ha fatto omaggio del libro, e quindi, purtroppo, la nostra recensione ed i nostri commenti sono limitati ai piccoli brani della prefazione di Ferdinando Russo e alle poche paginette reperibili su Google Libri e sulla recensione di Ignazio Caldarone reperibile sul Blog dell’Autore.

IL TERMINE «LAICO» TUTT’ALTRO SINONIMO DI ANTICLERICALE. Ci sembra di capire che, nel libro, Agueci si «appropri» del termine «Laico» tanto da autodefinirsi lui stesso, credente e professante cattolico, «Laico». Scrive Ferdinando Russo, infatti, nella prefazione: il «Laico è un membro della chiesa, che fa parte del popolo di dio. Non è un chierico. E’, in definitiva, chi non ha ricevuto il sacramento dell’ordine».

Noi non condividiamo questa «appropriazione». Ma ci sta bene poichè permette di «sdoganare» un vocabolo, nei cattolici quanto nei politicanti locali di bassa lega, del quale non si deve parlare. «Atei», se non «demoni», sono i «laici» per molti cattolici. Parlare di «Laicità» vuol dire mettersi contro il vescovo ed i parroci e quindi alienarsi il voto cattolico, secondo i politicanti di bassa lega. La conferma dell’equivoco viene da Calderone. Nella sua recensione al libro spiega: «da una parte, in Italia, s’è diffuso l’uso improprio del termine laico, divenuto sinonimo di non-credente o di “agnostico”. Ciò potrebbe creare equivoci e intimidire il credente cattolico nell’accettare tale definizione. D’altra parte, per sfortuna, nella Chiesa stessa si e andato perdendo lo spirito delle prime comunità cristiane, dove i laici erano molto più coinvolti».

Insomma, spiega sempre Russo, nella prefazione al libro di Agueci, va «respinta la moda di attribuire alla parola laico prese di posizioni ideologiche o valori anticlericali».

Wikipedia, l’enciclopedia libera, si chiarisce l’arcano: «Laico ha significato di svincolo dall’autorità ecclesiastica, ma non inficia la professione di una particolare confessione religiosa: per cui si possono distinguere laici credenti da laici non credenti», insomma «Laici» sono tutti coloro, che non appartengono «a una comunità chiusa», ad una «gerarchia». Sono definiti «laici», spiega ancora Wikipedia, ad esempio, anche i mebri del CSM, il Consiglio superiore della Magistratura, che «appartengono all’ordine dei magistrati».

IL TERMINE «LAICITA» SINONIMO DI DIALOGO?
Ancora piu’ interessante quanto affermato da Russo, nella prefazione, sulla «laicità». Per Agueci, ci spiega, la laicità «contribuisce ad abbattere le artificiose barriere che che talora vengono innalzate fra credenti e non credenti ed a mostrare che il dialogo non solo è possibile, ma puo’ aiutare tutti a capire un po’ meglio gli altri e forse anche se stessi». «Si presta ad unire piu’ che a dividere, a costruire piu’ che a distruggere, a fondare l’ascolto ed il rispetto dell’altro piu’ che a demonizzarlo» spiega ancora Russo riportando una frase del saggio di Giuseppe Savagnone.

Insomma la «laicità» è il non demonizzare l’altro. E il non costruire barriere fra credenti e non credenti. E sul dialogo non ci puo’ trovare contrari, aprioristicamente.


Interessante un altro ragionamento di Agueci nel suo libro.
«La Laicità, considerata positivamente, sarebbe così l’atteggiamento in cui lo Stato garantisce la libertà di culto ai fedeli delle religioni – di tutti avremmo precisato noi, e con pari opportunità, NDR – e dall’altra parte si riconosce la neutralità dello Stato democratico come uno strumento indispensabile per una convivenza pluralistica».

Si allontana, invece, la nostra posizione da quella di Agueci quand’egli, invece, interrompendo quella sorta di dialogo che egli aveva istaurato col lettore, boccia il «laicismo», da lui definito come «corrente di pensiero che rivendica l’autonomia dello Stato dall’autorità ecclesiastica, sul piano politico, sociale e culturale». Per Agueci, insomma, va condannato, quale fosse una sorta di «repressione» il pensiero di voler «limitare le religioni nell’ambito privato».

Insomma il ragionamento di Agueci ci appare squilibrato ed asimmetrico. La religione deve per lui ottenere la «neutralità» e la «garanzia» da parte dello Stato, ma lo Stato non puo’ rivendicare «l’autonomia dello Stato dall’autorità ecclesiastica»!

Il concetto di Agueci è così riassunto da Calderone: «Agueci… difende l’insegnamento cattolico nelle scuole … difende anche il diritto della Chiesa a intervenire per difendere quei diritti morali che sono parte della missione affidatale dallo stesso Cristo». Insomma non appena si tocca la Sua confessione religiosa Agueci chiude le porte al dialogo. Chiude le porte alla parola «religione» nel senso piu’ ampio (la religione puo’ essere cristiana, islamica, induista, ecc) e le apre alla sola religione «cattolica», perché essa «appartiene alla cultura italiana», lo giustifica Calderone.

CONCLUSIONE. A mettere un po’ d’ordine in tali personali ragionamenti, giunge, come sempre, Wikipedia. Spiega l’enciclopedia come «nel linguaggio politico il laico è chi propende per una netta separazione della vita delle istituzioni dall’influenza delle confessioni religiose, chi desidera una minore influenza delle confessioni religiose nella società».

Beh noi, checchè ne dica l’amico Agueci, riteniamo che la «religione» – ognuna – deve, come ogni pensiero politico, godere delle piu’ ampie garanzie di libertà e pubblicità, ma non deve godere del «sostegno» finanziario da parte delle pubbliche amministrazioni (ma di quello dei fedeli praticanti di quella data religione). Tali somme vanno «investite» in attività che non si incrocino, in alcuna forma e maniera, colle attività e colle proprietà delle varie religioni, qualunque esse siano.

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