Il declino si misura dalla scuola
Italia ultima in Europa per numero di laureati.
Lo certifica uno studio Eurostat¹.
Se il dato medio europeo si attesta su un 37% di laureati rispetto alla popolazione complessiva, quello italiano si ferma al 22,4%. Peggio che la Romania, che si attesta al 22,8%.
Altrove le cose vanno diversamente. In Irlanda, Lussemburgo e Lituania, ad esempio, si giunge pure a superare la percentuale del 51% di laureati. Oltre il 45% anche in Finlandia, Regno Unito, Cipro, Svezia.
Si tratta di un problema di scarsi investimenti sull’educazione?
Oppure di scarso appeal fra i giovani per una carriera, quella scolastica, che ha poche prospettive di produrre risultati in termini occupazionali e di salario?
Secondo Almalaurea³, nel 2012, ad un anno dal conseguimento della laurea di primo livello, il 27,8% dei giovani è ancora disoccupato, mentre a chi trova lavoro è riconosciuto un salario medio netto di appena 1.003 euro al mese.
In sostanza, benché raggiungono la laurea pochi giovani (112.178, laureati di primo livello, dato 2010), non li sappiamo inserire, ed in maniera soddisfacente, nel mondo del lavoro.
Il grafico sottostante (elaborato da Nicolas Lozito per YouTrend), in proposito, è chiaro: in Italia la laurea non è adeguatamente valutata.
Una cosa è certa.
Ce la dice ancora Eurostat².
Solo la Grecia, e di poco, investe in educazione, in Europa, meno che l’Italia.
Siamo all’8,21% del PIL, il prodotto interno lordo, contro una media europea del 10,67%.
In parole povere investiamo, in questo settore, il 23% in meno della media degli altri paesi del vecchio continente.
I maggiori investimenti, fra il 15 ed il 16% del PIL, ovvero il doppio dell’Italia, giungono, invece, nei paesi baltici, Lettonia, Estonia, Lituania ed in Islanda.
Sarà, forse, un caso che in questi paesi i laureati sono il doppio che in Italia?
I bassi investimenti sul mondo dell’educazione si traducono anche in precoci abbandoni degli studi, una volta raggiunta la sola licenza media.
In Italia è il caso del 17% dei nostri giovani, contro una media europea del 12%.
Ma all’Italia tutto questo non interessa.
L’argomento non è nell’agenda politica del governo. Oggi si discute di come rendere il poco lavoro ancora più precario e di come comprimere i poteri del parlamento.
D’altro canto, un paese senza formazione, un paese di idioti davanti la Tv e sui social network, è un paese più facilmente controllabile.
Peccato che, in questo caso, rappresenti anche un paese che è senza futuro.
—
FONTI ARTICOLO:
² DATI EUROSTAT, Investimenti in educazione (% sul PIL).