Dissertazione sul futuro di questa Democrazia
Di Democrazia si è parlato e scritto tanto. Da Platone, nella sua opera “Repubblica”, siamo approssimativamente tra il 390 e il 360 a.C., fino ai giorni nostri con Norberto Bobbio e Gustavo Zagrebelsky, ad esempio.
Chi, Platone, ha provato a demolirla; chi, Zagrebelsky, a difenderla ad oltranza.
Entrambi han comunque sostenuto che dopo il regime politico della Democrazia può esserci solo la Tirannide.
Forse il problema della Democrazia è l’eccessiva aspettativa che si ha davanti a questo tipo di regime politico.
«La democrazia non è un’Alcina o una Circa – infatti scrive Gustavo Zagrebelsky in “Imparare la Democrazia” – . Non ci ha detto una volta: venite a me che vi prometto una vita di amorose delizie».
ROUSSEAU BOCCIA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
Più pragmaticamente, Norberto Bobbio nel “Il futuro della Democrazia” ricorda come Jean Jaques Rousseau fosse convinto che che «una vera democrazia non è mai esistita né mai esisterà» perché richiede molte condizioni difficili da mettere assieme, in primo luogo uno stato molto piccolo, «in cui al popolo sia facile riunirsi, e ogni cittadino possa facilmente conoscere tutti gli altri», in secondo luogo «una grande semplicità di costumi»; infine «poco o niente lusso».
Per Rousseau, «la sovranità non può essere rappresentata» e, pertanto, «il popolo crede di essere libero, ma si sbaglia di grosso; lo è soltanto durante l’elezione dei membri del parlamento, appena questi sono eletti, esso torna schiavo, non è più niente».
Una visione forse fin troppo punitiva della Democrazia rappresentativa.
Charles Louis de Montesquies individua la soluzione: «Spesso è bene sperimentare una legge prima di stabilirla. La costituzione di Roma e di Atene erano molte sagge. I Decreti del Senato avevano forza di legge per la durata di un anno. Non diventavano perpetui che per volontà del popolo».
BOBBIO BOCCIA LA DEMOCRAZIA DIRETTA
Norberto Bobbio, poi, in particolare la boccia se a rappresentare il cittadino è l’esperto, il tecnico: «Tecnocrazia e democrazia sono antitetiche: la democrazia si regge sull’ipotesi che tutti possano decidere tutto. La tecnocrazia, al contrario, pretende che chiamati a decidere siano i pochi che se ne intendono».
Resterebbe, quindi, l’opzione della Democrazia Diretta, che, però, Norberto Bobbio boccia perché «Nessuno può immaginare uno Stato governato attraverso il continuo appello al popolo». Ma ammette che l’opzione sarebbe percorribile «nella ipotesi che ogni cittadino possa trasmettere il proprio voto a un cervello elettronico standosene comodamente a casa e schiacciando un bottone».
Tuttavia, per Bobbio, «l’eccesso di partecipazione produce il fenomeno che Dahrendorf ha chiamato, deprecandolo, del “cittadino totale”, che può avere per effetto la sazietà della politica e l’aumento dell’apatia elettorale».
NON CI SONO ALTERNATIVE ALLA DEMOCRAZIA
La Democrazia è una «promessa non mantenuta» per Norberto Bobbio, eppure è una istituzione da difendere: l’alternativa, purtroppo lo conosciamo, è l’assenza del diritto alla libertà!
Per Bobbio, lo scrive ne “Il Futuro della Democrazia”, «vi sono diversi modelli di approssimazione al modello ideale, ma anche la più lontana dal modello non può essere in alcun modo confusa con uno stato autocratico e tanto meno con uno totalitario».
«La democrazia è l’unica forma i reggimento politico che rispecchia la mia dignità, mi riconosce capace di discutere e decidere sulla mia vita pubblica. Tutti gli altri regimi mi considerano indegno di autonomia fuori dalla cerchia delle mie relazioni puramente private e personali» sostiene Zagrebelsky in “Imparare la Democrazia”.
LA DEMOCRAZIA IN VENDITA PER UN PO’ DI MIELE
«La sovranità appartiene al popolo», è scritto nell’art. 1 della nostra Costituzione.
Ma il Popolo, per Platone, per come scrive in “Repubblica”, è l’elemento più “pericoloso” per la Democrazia perché formato da «coloro che lavorano per sé e si astengono dalla vita politica», ma che radunato, di malavoglia, per decidere si vende per «una parte di miele … (il permettere di «trascurare del tutto le leggi scritte o non scritte», ad esempio, NdR) … quel tanto che resta dopo che i capi, sottraendo il patrimonio a chi possiede e distribuendolo al popolo, si sono fatti la parte del leone».
Quanto vale oggi un voto? Sempre «una parte di miele», ad esempio 80 euro, se l’individuo che compone il Popolo non sa vedere oltre l’interesse immediato per se stesso, il proprio gruppo, la propria categoria.
«Nei regimi democratici, come quello italiano – conferma Bobbio – vi sono buone ragioni per credere che vada diminuendo il voto di opinione e vada aumentando quello di scambio, clientelare, fondato sul pure spesso illusorio “do ut des” (sostegno politico in cambio di favori personali)».
Una espressione di voto di chi ha una «morale bassa e volgare», secondo Tocqueville.
Una soluzione per abbattere l’incidenza del voto di scambio la propone, forse, John Stuart Mill ne “Considerazioni sulla democrazia rappresentativa”, laddove propone l’allargamento del suffragio.
Un’altra soluzione sarebbe, per Norberto Bobbio, «l’educazione alla democrazia, … intesa come amore per la cosa pubblica». Ne riparliamo più avanti.
MA DOPO LA DEMOCRAZIA, CI SARA’ SOLO LA TIRANNIDE
Secondo Platone, il Popolo, questo “anello debole” della Democrazia, non si cura di «quali studi uno segua per prepararsi all’attività politica» (meritocrazia, tecnocrazia) ma onora colui che «affermi di essere ben disposto verso la massa popolare» (demagoghi, populisti, corruttori)!
In definitiva, il Popolo «ignorante e ingannato dai calunniatori» finisce per fare il gioco di un uomo che riesce a “manovrarlo”, sostiene il filosofo greco.
Ed infatti, conclude Platone, «tutte le volte che nasce un tiranno, esso spunta dalla radice del protettore (il Popolo, NdR), e non da altra parte»; questo perché la Democrazia è, in sostanza, il luogo «dove discorsi e opinioni false e proprie di ciarlatani … hanno conquistato l’acropoli».
E’ «il popolo (che) è sempre solito mettere alla propria testa, in posizione eminente, un solo individuo».
IL PROBLEMA DELLA DEMOCRAZIA E’ LA CORRUZIONE
Charles Louis de Montesquies, nel 1748, nel suo “Lo spirito delle leggi”, forse ben individuava il problema della Democrazia: l’assenza di virtù, il mettere al centro della politica l’economia.
«I politici d’oggi – scrive già Montesquies quasi tre secoli fa – non parlano d’altro che di fabbriche, di commercio, di finanze, di ricchezze e persino di lusso. Una volta i beni provati formavano il tesoro pubblico, adesso il tesoro pubblico diventa patrimonio dei privati».
«La repubblica è una spoglia: la sua forza sta soltanto nel potere di alcuni cittadini e nella licenza di tutti».
Questo perché, per Montesquies, «quando in un governo popolare si smettono di applicare le leggi, lo Stato è già perduto, perché la causa può essere soltanto la corruzione della repubblica».
Con la corruzione, in assenza di Virtù, «il governo sarà imperfetto».
SOLUZIONI CONTRO LA CORRUZIONE NELLA DEMOCRAZIA
«Nell’Appendice alla “Pace Perpetua” – riporta Bobbio ne “Il Futuro della Democrazia” – Kant enunciò ed illustrò il principio fondamentale secondo cui “Tutte le azioni relative al diritto di altri uomini la cui massima non è suscettibile di pubblicità, sono ingiuste”».
In altre parole, spiega Bobbio, «il governo democratico deve dare vita alla trasparenza del potere, al potere senza maschera». «La pubblicità degli atti è già di per se stessa una forma di controllo».
DEMOCRAZIA O OLIGARGHIA?
La Democrazia? «Quelli che governano in essa, credo, governano perché posseggono molto e perciò non vogliono impedire legalmente a tutti i giovani dissoluti di spendere e dilapidare i propri beni. Lo fanno per acquistarne le sostanze, per esercitare l’usura e diventare così ancora più ricchi e onorati». Così scriveva il filosofo Platone.
Una riflessione, un timore, o, forse una constatazione, ancora attuali.
Forse ha Democrazia ha bisogno di regole per difenderla da se stessa.
Una regola potrebbe essere quella di limitare i “mandati” elettorali, di non permettere l’esistenza di “politici di mestiere”.
«Il suffragio mediante la sorte» fra i cittadini disponibili, potrebbe essere un’altra opzione, la migliore, quella più democratica, secondo Montesquies (confronta in “Lo Spirito delle leggi”, 1748).
«Il sorteggio impedisce peraltro il carrierismo politico, per non parlare dai continui flussi di personale dal mondo economico a quello politico (e vice versa) che verrebbe del tutto precluso da tale sistema», confermano Lorenzo Del Savio e Matteo Mameli sulla rivista Micromega.
Montesquies aggiunge l’importanza di un suffragio palese: «poiché si tratta soltanto di impedire gli intrighi, i suffragi non potrebbero mai essere troppo segreti».
DEMOCRAZIA UGUALE A FORMAZIONE, REGOLE E VIRTU’
Soluzioni a questa decadenza, a questa “trasformazione” della Democrazia ce ne sono.
- «Ho parlato di opinione pubblica consapevole, perché la sua funzione è essenziale», sostiene Gustavo Zagrebelsky, in “Imparare la Democrazia”;
- «I classici insegnano che non bastano le buone regole ma occorrono anche uomini buoni, che agoscano cioè nello spirito delle regole. La migliore delle costituzioni nulla può se gli uomini che la mettono in pratica sono corrotti o si corrompono», prosegue Zagrebelsky;
- «la virtù politica (della democrazia) è la rinuncia a se stessi, ciò che è sempre molto faticoso a sopportare. Questa virtù consiste nella preferenza continua dell’interesse pubblico agli interessi propri», conclude Zagrebelsky.
Insomma, possono essere individuate nella soluzione ai fattori critici segnalati in “Repubblica” stessa:
- Occorre informare e formare gli individui che formano il Popolo;
- Occorre indurre gli individui alla Partecipazione alla politica;
- Occorre far rispettare le leggi.
Certo, chi Governa non ha interesse a formare gli individui piuttosto a “manovrarli” con i media asserviti e con le notizie artatamente scelte e gonfiate alla bisogna.
Certo servirebbe più “tempo libero” per potersi dedicare alla politica, e meno “pensieri” economici, forse meno precarietà ed anzi l’abolizione del fenomeno della disoccupazione tramite la riduzione degli orari di lavoro tutto il contrario di come opera il Governo.
Certo tutto il contrario, in termini di rispetto delle leggi, di quel che insegnano i condoni spesso “sfornati” dai Governi.
Le soluzioni possibili trovano ostacoli, quindi, in chi governa e negli stessi governati che non le reclamano.
Nessuna speranza per il futuro di una tal Democrazia, allora?
STANCHI DI DEMOCRAZIA O STANCHI DI NON AVERE IDEALI?
Gustavo Zagrebelsky, in “Imparare la Democrazia”, rileva come «la democrazia, come il lavoro stanca. L’oppressione dispotica suscita reazione e ribellione».
«Per avere dei cittadini politicamente attivi occorrono degli ideali», sostiene Norberto Bobbio in “il Futuro della Democrazia”.
Ma gli “ideali” sono stati demonizzati e distrutti dalla “politica” imperante.
«L’ideale della tolleranza», scrive ancora Bobbio provando ad elencarne quegli essenziali. «Se oggi c’è una minaccia alla pace del mondo questa è dovuta ancora una volta al fanatismo, ovvero alla credenza cieca della propria verità», precisa.
«Poi viene l’ideale della non violenza: soltanto in un governo democratico i cittadini possono sbarazzarsi dei loro governanti senza spargimento di sangue».
«Terzo l’ideale del rinnovamento graduale della società attraverso il libero dibattito delle idee e il cambiamento delle mentalità e del modo di vivere».
«Infine l’ideale della fratellanza».