Erice e lo scuolabus negato
ERICE (TRAPANI), 1 DIC – «La Regione riconosce e garantisce la libertà della famiglia nell’educazione dei figli e il diritto allo studio per tutti gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado». Tanto scrive la Regione Siciliana all’art. 1 della Legge 3 ottobre 2002, n. 14 (“Norme per l’erogazione del buono scuola ed interventi per attuazione del diritto allo studio”).
Il secondo comma dello stesso articolo, aggiunge che «al fine di favorire tale libertà la Regione promuove interventi volti a rimuovere gli ostacoli … che si frappongono alla piena attuazione dei principi indicati».
Questi principi non valgono nel Comune di Erice, che, ci risulta, ancora è parte della Regione Siciliana.
La “libertà di scelta” della famiglia dell’Istituto scolastico cui affidare l’educazione dei figli è limitata, secondo le chiare indicazioni politiche che sono dietro i principi ispiratori della norma, dal “Regolamento servizio trasporto scolastico mediante scuolabus”, approvato dal Consiglio comunale di Erice il 20 settembre 2012 [Delibera n. 81, SCARICA QUI].
Difatti, l’articolo 2, ultimo comma del Regolamento pone una chiara limitazione: «il servizio è concesso, esclusivamente, in favore degli alunni che frequentano il plesso scolastico più vicino alla propria abitazione». Una limitazione che è anche una discriminazione: la norma vale solo «per gli alunni abitanti nel territorio urbano di Casa Santa».
Le famiglie degli alunni residenti nelle frazioni di Pizzolungo, San Cusumano ecc, invece, possono scegliere pienamente la scuola da far frequentare ai propri figlioli. Quelli di San Giuliano e Trentapiedi no.
O, se proprio vogliono scegliere, sappiano, dice l’Amministrazione che ha imposto la norma, che non avranno diritto allo scuolabus e quindi che si dovranno “arrangiare”, tanto per le spese quanto per la gestione dei trasferimenti.
Una norma che è chiaramente rivolta a tutelare la Scuola Media “Castronovo”, Istituto con sede ai margini del quartiere di San Giuliano, dall’impoverimento dell’organico degli alunni dato che tale Istituto ha uno scarso “appeal”. Una scelta politica, si diceva.
Discrezionale, non prevista da alcuna norma da noi consultata.
Ma, anzi, secondo noi, oltre i limiti della legittimità.
Ci si trova, così, magari con gli “scuolabus” che vagano semivuoti, e che quindi alla Comunità costano egualmente, tanto per retribuzione all’autista, quanto per il rifornimento del carburante, e con famiglie ericine che, non disponendo della possibilità di accompagnare i figli in auto, sono costrette ad acquistare abbonamenti all’ATM [euro 25,50 mensili] ed alunni di 10 anni che sono costretti a recarsi da soli alla fermata per attendere l’autobus.
Una situazione, quindi, paradossale.
Limiti di legittimità che sono stati, implicitamente, riconosciuti dalla Giunta Municipale ma che sono stati, a loro volta, “sistemati” con un atto che è ancora più illegittimo: una delibera di Giunta [la n. 192 del 24 settembre 2013, “Servizio trasporto scolastico mediante scuolabus. Disposizioni per l’Organizzazione del Servizio”] che va ad integrare e modificare un Regolamento la cui stesura, invece, è competenza del Consiglio.
La Giunta presieduta dal sindaco Giacomo Tranchida, infatti, introduce, al punto 1 della delibera, delle “norme transitorie” per favorire «gli utenti già iscritti negli anni scolastici precedenti … che abbiano già usufruito del servizio scuolabus negli anni passati ma non rientranti nel campo di applicazione del nuovo Regolamento».
Tali utenti, infatti, contravvenendo al Regolamento, vengono autorizzati alla «ammissione al servizio».
La stessa Giunta, contemporaneamente, invita il Dirigente comunale a predisporre una nuova proposta di deliberazione da inviare al Consiglio che modifichi il Regolamento adeguandolo al dettato della Delibera di Giunta (!), nonché, per evitare la segnalata discriminazione, consentire l’utilizzo del servizio scuolabus, per gli utenti di San Cusumano e Pizzolungo, solo se, come per gli altri utenti, rispetteranno i requisiti dell’art. 2.
Una soluzione che, per il futuro, vorrà dire l’abolizione di un servizio in sostanza previsto, pure, dall’art. 33 della Costituzione Italiana («La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze»). ù
La soluzione corretta? Sarebbe stata dietro l’angolo: attribuire il diritto al servizio “per concorso” – sempre come prevede l’art. 33 della Costituzione -, ovvero, qualora i posti disponibili sugli scuolabus comunali fossero insufficienti, con una graduatoria che prevedesse tanto la presentazione del reddito ISEE, quanto, soprattutto, della disponibilità di servizi di linea e di mezzo personale da parte della famiglia.
E’ inaccettabile che, alla fine, il Comune preferisca “investire” su processioni e sagre e dimenticare i nostri bambini ed il loro diritto allo studio, nella scuola più gradita.