FUSIONE A FREDDO
Alla fine, dopo tanti annunci, comunicati stampa, apparizioni in TV, meeting in casa del senatore D’Alì, assemblee con “supporters” di scorta, il Comitato “Una grande Città” è ufficialmente nato. Nello studio del notaio Piazza, alle 17:00 del 7 giugno 2005 si è data figura giuridica quell’insieme trasversale di uomini e donne che ritengono la fusione Trapani-Erice panacea per tutti i mali: farà sparire, di colpo, disoccupazione, sottoccupazione e lavoro nero, farà sparire erbacce e rifiuti dai cigli stradali, profumare i cassonetti, apparire, di colpo, ampie distese di verde pubblico per i nostri figli, servirà per aumentare il potere d’acquisto del proprio stipendio, porterà, infine, pure, il Trapani calcio dritto in C.
Tutto bene insomma. Ma allora perché si discute di questa fusione da trent’anni senza che nulla, di concreto, è mai accaduto? Si arriverà mai alla fusione, o alla rettifica dei confini? E soprattutto: ma i cittadini ci guadagnano?
Per Laura Montanti (consigliere della Margherita ad Erice), che è parte integrante del Comitato e per Fabio Bongiovanni (consigliere UDC a Trapani), è, soprattutto, una questione di immagine. Una Città da circa 100.000 abitanti avrebbe una maggiore credibilità, sarebbe un primo importante passo verso la nascita di un’area metropolitana, consentirebbe economie di scala. La fusione permetterebbe di superare le vertenze che spesso sono nate tra i due Comuni (Cimitero, SAU …).
Secondo i nostri amici, quindi, se anziché esistere due piccole cittadine con servizi da terzo mondo, nasce un’unica città con servizi da terzo mondo, l’immagine è migliore.
Perché, in realtà, quel che mancano, da sempre, tanto ad Erice, quanto a Trapani, sono i servizi: autobus che colleghino il territorio in maniera economica e celere, posteggi, sicurezza stradale, centri sociali accoglienti ed attrezzati, pulizia, una corretta manutenzione stradale e quant’altro. Servizi che i politici che ci governano sono (e saranno?) incapaci di assicurare.
Ecco che, quindi, arriva il dibattito sulla fusione – il potere ci ha già mostrato, in passato (la guerra coloniale di Mussolini) altri esempi – per distrarre i cittadini dai problemi reali del territorio: basta giocare la carta “facciamo insieme qualcosa per il bene del Paese” e tutti i problemi spariscono.
Gente incapace di raccogliere 27 voti favorevoli all’interno dei consigli comunali di Trapani ed Erice per giungere veramente e celermente al referendum sulla fusione si mostra pubblicamente capace di raccogliere ed autenticare con tutti i crismi di legge 30.000 firme di cittadini. Allora viene da pensare. Pensare ad una semplice kermesse d’immagine, tanto l’anno venturo ci sono le elezioni. Per dire: Mah, io ci ho tentato, mi sono impegno, però …
A giorni i moduli per firmare saranno in giro, ma per firmare cosa? Quale assetto? Ci sarà una decentramento, più voce per i cittadini dei quartieri (e più posti per i politici-portaborse di secondo piano)? Mah, questo poi si stabilirà.
E che incidenze ci saranno sul PRG? I volumi, gli indici edificabili passeranno dai terreni degli ericini a quelli dei trapanesi? Silenzio. Le aliquote fiscali (ICI, IRPEF, TARSU, ecc) di Erice saranno elevate al livello di quelle di Trapani? Silenzio.