Girgenti, la guerra: l’ambiguità della Chiesa, lo “Ius in bello” violato
Gli orrori della guerra? «La responsabilità è di tutti», così sostiene la prof. Anna Maria Campo in apertura dei lavori della conferenza svolta presso la scuola Europa 2000 su “La guerra dal Medioevo ai giorni nostri”
«Di tutti, quindi anche delle agenzie educative, della scuola. Queste non insegnano l’educazione ad una cittadinanza planetaria, che ogni persona è responsabile dell’umanità intera».
Non vado spesso alle conferenze organizzate dall’Accademia di studi medievali presieduta dal prof. Salvatore Girgenti. Più spesso per altri impegni, o dimenticanza. Ma questa, come immaginavo, è valsa la pena ascoltarla.
La relazione del prof. Salvatore Girgenti è partita da un aforisma che in poche parole spiega il perché della guerra, ma anche il perché chi la svolge è fuori dalla Chiesa: «Niente si avvicina all’idea di Dio, come quella del Generale in tempo di guerra».
In sostanza, spiega Girgenti, «la guerra annienta il vinto ma esalta il vincitore».
La guerra e l’ambiguità della Chiesa
Nella propria relazione il presidente dell’Accademia di studi medievali tiene a rappresentare la «ambiguità della Chiesa» nei confronti della guerra.
Da una parte «il messaggio di Gesù che è un messaggio di Pace», il «non uccidere» che vale tanto per motivazioni private quando per ordine o interesse di uno Stato.
D’altra parte c’è chi, nella Chiesa, ricerca una «legittimazione» alla guerra, spiega sempre Salvatore Girgenti.
Fra questi, l’oratore annovera S. Agostino d’Ippona («se ci muove per un torto ricevuto») e S. Bernardo di Chiaravalle («i cavalieri di cristo combattono le battaglie del loro Signore. Non sono atti criminosi se si uccide in nome di Dio» perché «non bisogna essere indulgenti verso chi professa una religione diversa»).
Per questi ultimi, in definitiva, sentenzia il prof. Girgenti è ammessa «l’evangelizzazione con il terrore e lo spargimento di sangue».
La guerra senza regole umanitarie
Un altro interessante riferimento della relazione del presidente dell’Accademia di studi medievali, seguita, come al solito, da un numeroso ed attento pubblico (però il telefonino spegnetelo, caro pubblico: quanti trilli!), è stato quello in cui si è detto della «Ius in bello», ovvero di quelle regole, etiche, se non proprio giuridiche (vedi recente “Convenzione di Ginevra”), cui dovrebbero attendere anche i più spietati belligeranti.
Sto parlando, insomma, del «Diritto Internazionale Umanitario».
Girgenti, però, chiude la conferenza con amare e vere conclusioni: «la Carta delle Nazioni non viene rispettata», per il veto delle Grandi Potenze, spesso gli USA (art. 23 e 27 Statuto ONU); «non ci sono regole da rispettare» nelle guerre di oggi; l’accesa «conflittualità planetaria» mette a rischio sempre più la vita dei civili perché in una guerra asimmetrica quale quella attuale – con gli USA tecnologicamente imbattibili – è conseguenziale che i più deboli ricorrano ad atti di terrorismo.
L’asserzione sposata dallo stesso di Girgenti, “la paura garantisce la pace”, non sembra funzionare più. Anche perché la guerra viene “nascosta” sotto altri termini più graditi al cittadino: «intervento umanitario, operazioni di pulizia, prevenzione anti-terrorismo», conclude l’oratore.
Personalmente, mi convinco sempre più che la “Pace Perpetua” si possa ottenere solo seguendo gli “articoli delle pre-condizioni” che scrisse nel 1795 Immanuel Kant: primo fra tutti abolendo gli eserciti professionali.