Grechine e pre orgasmiche, la discriminazione è Femmina

Trapani, 4 febbraio 2015 – Quando si parla di discriminazione, spesso si pensa solo a quella razziale o di colore. Naturalmente esiste anche quella “semplicemente” sessuale.

Quella che vede la donna solo come un manichino o un oggetto sessuale. Quella che vede un malato in chi non si ritrova, per motivi fisici o psichici, in nessuno dei due sessi “ufficiali”.

Alan Turing

Alan Turing

E’ di questi giorni la notizia (vedi Repubblica) come, a seguito del successo di critica del filmThe Imitation Gamededicato alla vita di Alan Turing, si sia lanciata, in Inghlterra, una petizione affinché «il governo riabiliti i quasi 50 mila uomini condannati per “atti indecenti”, come fino a metà degli anni ’60 qui veniva ancora classificata l’omosessualità».

Com’è noto, Alan Turing, fu un grande matematico e il decifratore del Codice Enigma dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Turing è considerato il padre del computer, che al carcere preferì la pena della castrazione chimica e, dopo averla subita, nel 1954, a soli 41 anni, finì per suicidarsi.

Sempre di questi giorni la pubblicazione di una ricerca curata dall’Art Directors Club Italian, in collaborazione con l’università di Bologna e col contributo di Nielsen Italia, che mostra una evidente discriminazione, nel settore pubblicità, fra l’uso del soggetto donna e del soggetto uomo. Di seguito il PDF completo della ricerca:

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Pubblicità FemminaL’uomo è associato, principalmente, ad un messaggio di professionalità (51% dei casi), o di sportivo (13,20%); la donna, invece, modelle (35%), “grechine” (20%), sessualmente “disponibili” (13%), manichini (7%), pure “pre orgasmiche” (2%) ma solo nel 9% dei casi come professioniste.

La discriminazione delle Donne, anzi delle Femmine, già solo da questi dati, rilevati in Italia a dicembre 2013, appare evidente.

Eppure, nel settembre 2008, il Parlamento Europeo ha approvato una proposta di abolire la pubblicità sessista e degradante per le donne.

Pubblictà FemminaEd invece, ancora nel gennaio 2012, Rashida Manjoo, relatrice speciale dell’ONU, nel suo rapporto dal rapporto sulla violenza di genere in Italia doveva ammettere come «gli stereotipi di genere che determinano i ruoli di uomini e donne nella società sono profondamente radicati»; mentre il CEDAW, il Comitato per l’eliminazione della discriminazione sulle donne, sottolineava come fosse «profondamente preoccupato dalla rappresentazione data delle donne da parte dei mass media e della pubblicità in Italia, ritratte come oggetto sessuale e ruoli stereotipati».

Pubblictà FemminaIn sostanza, ci si domanda: se alla violenza di genere sia più efficace rispondere con pene più pesanti o, piuttosto, con la prevenzione, con un profondo cambiamento della rappresentazione delle donne come mero oggetto sessuale e circa i ruoli e le responsabilità dell’uomo e della donna nella famiglia e nella società.

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