Una Histoire d’O in salsa trapanese

Histoire d'O

Ho appena finito di leggere, sia pure un po velocemente per “godermelo” appieno, “Histoire d’O”.

Si tratta della recente edizione pubblicata da Bompiani del celebre romanzo erotico pubblicato nel 1954 in Francia e giunto nella clericale Italia soltanto nel 1971.

Tranquilli: non vi starò qua a raccontare di “posizioni” del sesso o di “perversioni” sessuali, quelle le cercate voi sul libro se lo desiderate; l’analisi che ne faccio è prettamente … politica.

Il romanzo, ed il genere sado-masochista che ne pervade le pagine, è pregno di un rapporto di “schiavitù” o, piuttosto, di soggezione volontaria di un personaggio nei confronti di un altro.

Histoire d'O

“O”, la protagonista della storia, è un soggetto debole, che non conosce il significato della parola “dignità”, incapace di vita propria, di desideri ed aspirazioni se non quelli di accontentare l’uomo che lei “ama” (?). La prova del suo amore, verso René prima e Sir Stephen poi, non può che essere l’ubbidienza totale, l’accettare – con piacere – ogni umiliazione (vedi l’essere “prestata” ad altri uomini o il mostrarsi in pubblico “vestita” da Civetta), il subire ogni pena fisica – dalla fustigazione alla marchiatura a fuoco “sulle terga” delle iniziali del suo padrone -.

In effetti questa “vita” è facile, senza impegno, senza responsabilità.

Histoire d'O

Quanti di noi non sono in qualche modo “schiavi” volontari? Quanti accettano, piuttosto “amano”, un “Padrone” – che possa essere il datore di lavoro o il consigliere comunale di turno – benché questi, quotidianamente, li “umili”, li “usi”, li tratti come una “cosa”?

Un po’ tutti, per la verità. La “vita” ha un costo, in termini di “denaro” o di necessità di “servizi” per sostenere il quale rivolgersi al “Padrone” è la strada più “ovvia”.

Insomma la vita – secondo chi accetta questa “schiavitù” – è un “dare ed avere”.

Un “viaggio d’autobotte d’acqua”? La lampadina della pubblica illuminazione proprio davanti casa nostra è guasta? C’è una tassa da evitare di pagare? Un incarico o un locale da ottenere? Un posto da ausiliare del traffico cui aspirare? Una pratica urbanistica o assistenziale da “accelerare” ? Ecco che viene composto il numero telefonico del “mediatore” di turno, “l’amico” consigliere comunale, piuttosto che percorrere la strada – ricca di “burocrazia”, tempi, graduatorie – lunga e tortuosa del “diritto”.

Io cedo il diritto al “voto” al “Padrone”, mi faccio suo “schiavo”, accetto di andare a fare “tappezzeria” ai suoi comizi, che la mia “tessera elettorale” sia prestata ai suoi amici candidati ai vari livelli, di umiliarmi a chiedere “per favore” quel che è un mio diritto sacrosanto, di “sedurre” a favore del “Padrone” altri miei concittadini, lui mi fa avere il “servizio” (di quando in quanto).

“O” è rassicurata dalla presenza di Renè a Roissy, la località dove dal “fidanzato” viene introdotta al sesso con una pluralità di estranei. Anche il nostro concittadino è rassicurato dal sapere che al Comune ha “l’amico” cui rivolgersi per ogni piccolo bisogno personale; da qui il votare chi ha maggiori “chance” di “acchianare” – il “Padrone” di turno – piuttosto che scegliere chi, già incerto nell’ottenere la fetta di “potere”, ha un programma “utopistico” di risolvere il “problema” dell’intera collettività piuttosto che del singolo “amico”.

Histoire d'O

Allora dare “le terga” a Sir Stephen, dopo tutto, non è cosa così … doloroso (passate, magari, le prime … volte); è solo il prezzo.

Sir Stephen approva un cambio destinazione che permette la realizzazione di un supermercato dove sarebbe più opportuno la realizzazione di servizi accessori al turismo? Sir Stephen approva un aumento degli indici di fabbricazione per far realizzare delle palazzine dove mancano spazi a verde e di socializzazione? Sir Stephen macchia di ridicolo la città dipingendo di rosso le strade? Sir Stephen presta per 25 anni, a gratis, i beni pubblici creando un danno economico al Comune? Sir Stephen raddoppia la tassa dei rifiuti? Sir Stephen annuncia da dieci anni la realizzazione di opere sportive di respiro nazionale senza che si veda neanche il barlume d’un inizio dei lavori?

Non importa! E’ il tuo “Padrone”, non è tuo compito giudicare il tuo “Padrone”. Anzi non è tuo diritto neanche quello di sapere, di informarti.

Non importa se così bruci ogni “chance” di avere un futuro “migliore” perché semplicemente non lo vuoi. Vuoi che resti tutto com’è. Hai paura dell’innovazione … “megghio u tintu accanosciuto chi u bono a canuscere”!

Non importa se così bruci la “Democrazia”; semplicemente perché non t’interessa nulla del “prossimo”, dell’altro.

Lo “schiavo” volontario è ben felice di potersi sbarazzare della complessità di dover valutare norme e regolamenti, bilanci e delibere. Di dover fare domande e cercare risposte. Essere “schiavo” è meno pericoloso e più semplice: C’è il “padrone” che decide anche per noi “cose”!

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