Il Reddito Universale Incondizionato per spezzare la schiavitù del lavoro
« Finché le nostre risorse economiche dipenderanno dal lavoro noi saremo ostaggi di coloro che possono darci il lavoro quando ciò è nei loro interessi e che possono togliercelo dall’oggi al domani secondo la stessa logica ».
Lo sostiene lo scrittore francese Abdennour Bidar in un saggio pubblicato lo scorso maggio. Il titolo è chiaro ed eclatante per i tempi in cui viviamo: “Libérons-nous des chaîns du travail et de la consommation” (liberiamoci dalle catene del lavoro e del consumo).
Bidar prova a essere ancora più chiaro: « Noi siamo schiavi del capitalismo mondiale che distribuisce il lavoro secondo un solo obiettivo: il profitto ».
« In tutto il pianeta – prosegue lo scrittore – ci sono miliardi di persone che non hanno alcuna scelta per vivere, o sopravvivere, che accettare la schiavitù del lavoro ».
« La debolezza dei loro guadagni li mantiene e li costringe nella povertà e li obbliga a cumulare i lavori – sovente tre contemporaneamente – pur di non colare a picco ».
Ci possono essere politiche del lavoro che riequilibrino diritti e produzione? Per l’autore no.
« Durante tutta la seconda metà del XIX secolo, e poi nel XX secolo, gli uomini e i popoli si sono battuti per fare riconoscere e rispettare i diritti dei lavoratori. La sfida era quella di moralizzare il capitalismo – scrive netto Bidar -, di conciliare la legge del profitto e la giustizia. La sfida l’abbiamo persa ».
Dobbiamo allora rassegnarci a queste catene?
Il reddito universale di base incondizionato
Abdennour Bidar prospetta una soluzione, che è poi quella dell’economista britannico Guy Standing , il fondatore di BIEN (Basic Income Earth Network): il “reddito universale di base incondizionato”.
Non il “reddito di cittadinanza” realizzato dal Movimento Cinque Stelle; ma un reddito è universale ed incondizionato (spetta a tutti, non si richiede alcuna prestazione in cambio) e non ha una scadenza (come, invece, i 24 mesi di sussidio del Naspi).
Spiega l’economista Guy Standing come, con questo strumento, « si tratta di dare alla gente un vero diritto alla sicurezza finanziaria di base. Questo Reddito Universale riconosciuto a tutti permetterà di coprire i bisogni di base e di poter vivere degnamente. Permetterà, in particolare, ai precari di rinforzare il potere contrattuale di fronte gli imprenditori e alle donne di averlo coi propri mariti ».
Il concetto è stato sottolineato da Vittorio de Filippis su “Liberation” nel 2015. « Questo diritto incondizionato a un Reddito di Base – scrive – permetterà di esercitare ciò che il filosofo politico John Rawls chiamava “le libertà fondamentali”: l’educazione, la cultura, l’alloggio, la salute, la sicurezza ».
Abdennour Bidar non ha dubbi. « La prima cosa che mi ha convinto della giustizia del Reddito Universale è che quasi unanimemente le nostre élite sono contro. Dirigenti politici, giornalisti, intellettuali, padroni, imprenditori. Io ho visto la quasi totalità di questa classe dominante alzare gli occhi al cielo e dire: “Impossibile, come la finanzieremo?” ».
« La seconda cosa che mi ha convinto – scrive ancora l’autore di “Libérons-nous” – è stata una altra obiezione ascoltata anch’essa cento volte. Chi vorrà lavorare? ».
Non importano le risposte che si da Abdennour Bidar. Ognuno può, e deve, fare una propria riflessione in merito.