UNA TASSA PER RISARCIRE?

«Non ne so proprio nullai». Il sindaco di Trapani Girolamo Fazio è stupito dal possibile trasferimento della tassa d’imbarco a Trapani. Dal canto suo, esclude totalmente che riguardi l’ente Comune. «Certo, i danni dalla guerra in Libia li abbiamo avuti: decine di voli militari, l’aeroporto chiuso per un certo tempo e ancora oggi al 50% dell’operatività. E ancora le tendopoli e i CIE, i profughi arrivati dalla Libia», spiega. L’aeroporto, nello specifico, chiuse al traffico passeggeri il 21 marzo, fino al 9 aprile. Da allora rimane la limitazione del traffico civile al 50%, pari a circa una ventina di decolli giornalieri e altrettanti atterraggi.
Di possibili riparazioni, però, Fazio non sa nulla. Anzi, spera di poter incassar il dovuto. «Anche se le posso assicurare che sono davvero pochi soldi».

Nel cuore d’agosto i Comuni aeroportuali d’Italia avevano scoperto che i soldi della tassa d’imbarco non c’erano più tra i trasferimenti, trattenuti dallo Stato. E a distanza di due settimane, il mistero su dove siano finiti sarebbe risolto: la tassa d’imbarco potrebbe trasformarsi in “risarcimento” di guerra. «Da una prima richiesta di chiarimenti abbiamo appreso che i soldi del 2011 sono stati dirottati a beneficio dell’aeroporto di Trapani» spiega Mario Aspesi, presidente della Associazione Nazionale Comuni Aeroportuali. L’indicazione è messa nero su bianco nella Legge 130 del 2 agosto 2011 (conversione del Decreto Legge 107 del 12 luglio 2011): si tratta del finanziamento delle missioni militari. All’articolo 4/bis della Legge si dice che la tassa d’imbarco – fino ad una quota massima di 10 milioni di euro – «è destinata all’adozione di misure di sostegno e di rilancio dei settori dell’economia delle province interessate da ingenti danni a seguito delle limitazioni imposte dalle attività operative militari ex Risoluzione ONU n. 1973 che hanno inciso sulla operatività degli scali aeroportuali civili». 

Il fatto è che Trapani non ha un aeroporto civile a tutti gli effetti, ma un aeroporto militare che è aperto anche al traffico civile. Con lo scoppio della guerra in Libia, Trapani-Birgi è stato ri-militarizzato: dalla Sicilia i caccia F16 e Tornado dell’Aeronautica Militare Italiana e gli altri aerei della NATO sono partiti per mesi per ricognizioni e bombardamenti sulle truppe di Gheddafi. Centinaia di decolli ogni giorno. Quanto al traffico civile, tutto si è fermato: stop in particolare dal 21 marzo ai voli di Ryanair, che ha fatto di Trapani Birgi il suo scalo in Sicilia. Non solo: nel frattempo il territorio ha dovuto gestire anche l’arrivo di diverse centinaia di profughi, sistemati anche in zone isolate (tra cui gli ex aeroporti militari dismessi, Trapani Chinisia e Trapani Milo). Il sindaco di Trapani protestò, ma i profughi arrivarono lo stesso, sistemati nei container e nelle tende all’aperto sotto il sole, come in una Guantanamo di Sicilia. Ma il danno principale – nell’ottica del legislatore – rimarrebbe quella subìto dall’aeroporto, gestito da una società di proprietà al 49% della Provincia e per il 51% di privati.

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