L’Appello: La condanna del blogger Salvo un errore giudiziario!
Qualche mese fa, lo scorso 30 ottobre per l’esattezza, un giornale cittadino a distribuzione gratuita uscì con la “notizia” che io avrei “diffamato” un cittadino di Erice (tal Filippo Messina) e per questo fossi stato condannato a due mesi di reclusione. Tal giornale, addirittura, mi vide già fisicamente dietro le sbarre a giudicare da una foto che inopportunamente pubblicò.
Una parte della notizia era vera, il resto no. Non sono mai stato recluso e non ho mai diffamato nessuno, men che meno che il sig. Messina.
La condanna, c’è stata. In primo grado. Ma, negli scorsi giorni, nei termini di legge, è stato presentato Appello alla Corte di Palermo. Dietro la condanna, infatti, c’è un clamoroso errore giudiziario.
L’Appello verte su diversi rilievi alla sentenza del GOT (giudice onorario) dott. Francesco Maria Giarrusso, cinque per l’esattezza, ma tutti che dovrebbero condurre alla mia assoluzione «perché il fatto non costituisce reato».
Ecco perché la mia condanna è solo un errore giudiziario!
L’avvocato Giuseppe Maria Ingrassia, già noto per la partecipazione al Processo Rostagno [qui imperdibile Video dell’Arringa], che cura la mia assistenza legale, dopo aver ribadito che tutti i fatti da me indicati negli articoli di cui al capo d’imputazione fossero veri ed «emersi con palmare evidenza, nel corso della compiuta attività di istruzione dibattimentale, nonché provati documentalmente con atti che si trovano inseriti nel fascicolo del dibattimento» si è soffermato su un aspetto curioso.
Scrive Ingrassia nell’Atto d’Appello: «… la cuspide viene però raggiunta con l’impugnata sentenza laddove il GOT, addirittura, riporta una frase che non si trova assolutamente in alcuno dei tre articoli indicati nel capo d’imputazione: “…assegnando gli incarichi tecnici a chi ti ha curato la campagna elettorale sotto vari aspetti (vedi Dr. Messina) si scambiano incarichi tecnici per posti di sottogoverno, … infine gli incarichi non si danno al primo che passa … si fa un bando, un appalto e lo si aggiudica ad un professionista”».
L’avvocato Giuseppe Maria Ingrassia qui è categorico: «dall’accusa di aver leso la reputazione della odierna parte civile a mezzo della frase suddetta l’imputato non deve difendersi, perché questa frase non si trova negli articoli indicati nel capo d’imputazione».
Insomma, per essere più chiaro, l’avvocato ribadisce come non sia consentito «di fondare la condanna su elementi estranei ai fatti contestati dall’accusa».
Il mio difensore conclude sul punto aggiungendo come «…sia consentito, solo incidentalmente, osservare che risulterebbe oltremodo singolare fondare la colpevolezza dell’imputato su una frase che, oltre a non essere inclusa negli articoli contestati, oltre a non essere attribuibile con certezza all’imputato (bisognerebbe prima accertare la fonte), oltretutto, richiama la stretta osservanza della Legge ed il rispetto di elementari norme di trasparenza amministrativa».
Gli articoli? Semplice critica politica nei confronti di Tranchida
Ora non resta che aspettare qualche mese, una dozzina di mesi, a giudicare le medie del Tribunale della Corte d’Appello di Palermo, per verificare se questo clamoroso errore del GOT, come la mancanza di altri presupposti giuridici evidenziati dall’avvocato Ingrassia, saranno giudicati sufficienti dai magistrati affinché questa vicenda sia ricondotta a quello che realmente era: una semplice critica politica ad un atto amministrativo ritenuto inopportuno ovvero l’assegnazione dell’incarico fiduciario di webmaster del Comune di Erice al sig. Messina – già fondatore, tesoriere, legale rappresentante del Movimento “Erice che Vogliamo” – da parte del sindaco Giacomo Tranchida che di quel Movimento faceva parte ed era stato supportato durante la campagna elettorale.
Una critica per la quale già la giudice Adele Pipitone del Tribunale Civile di Trapani, esaminando lo stesso articolo, mi aveva giudicato innocente!