LO SCHIFAZZO ABBANDONATO

A Trapani esiste la più antica barca da lavoro d’Italia, trattasi di uno schifazzo, il “San Giacomo” che giace semi-abbandonato, su taccate, che rischiano di sfondare la carena, rendendo quasi impossibile qualunque intervento per il recupero.

Vi racconto la sua storia. 

    Gli schifazzi o imbarcazioni similari fanno parte dell’eredità tramandata dagli Antichi egizi, greci, fenici e romani. Barche da lavoro, che per lunghissimi anni avrebbero segnato la storia della nostra marineria, barche tozze e pesanti, con poco pescaggio, armate a vela latina, barche lente, ma di notevoli capacità, alcune potevano trasportare anche trenta tonnellate di merci; utilissimi per la navigazione costiera e i trasporti con le isole minori.

    Con le carte e con la memoria di qualche vecchio marinaio tentiamo di percorrere la storia del “San Giacomo”: costruito all’isola lunga (Stagnone) dai maestri d’ascia alle dipendenze del barone Adragna nel 1879 assieme ad altri undici esemplari i cui nomi si Rifacevano agli apostoli “San Matteo”, “San Luca” etc. Successivamente veniva acquisito dal farmacista Amodeo, anche lui proprietario di saline;  infine dalla Sies (società per l’esportazione del sale).

    Per moltissimi anni aveva assolto a un compito nobile, utilizzato per il trasporto del sale dai luoghi di produzione (fascia costiera Trapani-Marsala e isole dello Stagnone. Alla fine degli anni sessanta, per volontà di Giacomo D’Alì, veniva trasformato in imbarcazioni da diporto, per esigenze aziendali. Succes-sivamente acquisito da un privato, Pietro Cudia, che ne è stato armatore per molti anni. Infine il Cudia, per amore della barca e con l’augurio di farla continuare a vivere, faceva atto di donazione alla Provincia Regionale, quest’ultima con l’impegno di recuperare l’imbarcazione e restituirla alle caratteristiche originali.

    La donazione era la soluzione per raggiungere tale obiettivo, ritenendo la Provincia una istituzione che mira al recupero del patrimonio e della storia del proprio territorio.

    Successivamente a una perizia nel 2000, l’Amministrazione Provinciale avrebbe deliberato un primo intervento, sufficiente a rendere lo scafo galleggiante. Dopo alcuni mesi, una scusa dirottava tale cifra, guarda caso e per sentito dire, verso una iniziativa rimasta incompiuta (la famosa nave romana di Archeologia navale).

    Ancora una volta sono state disattese le aspettative della gente e il diritto di recuperare e tramandare le proprie origini. In attesa di soluzione delle vicende giudiziarie, nel frattempo intraprese dall’ultimo proprietario, si fa appello a quanti amano il mare e questa città e per evitare una fine ingiusta al “San Giacomo”, patrimonio di Trapani e dell’Umanità.

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