Mauro Rostagno? Per molti, era solo un pagliaccio
Se domandassi a dei ragazzi, a delle ragazze, sedicenni, diciottenni, chi era Mauro Rostagno mi risponderebbero, in buona parte: non lo so.
E, forse, i ragazzi sarebbero scusabili: Mauro Rostagno è morto, è stato ucciso, 27 anni fa, il 26 settembre del 1988. Loro non erano ancora nati.
I veri colpevoli, invece, di questa ignoranza giovanile siamo noi genitori, noi politici, che, in questi 27 anni abbiamo fatto poco o nulla per tramandare la storia di Rostagno, le vicende che raccontava, la maniera come è stato ucciso. O, forse, quando lo abbiamo fatto lo abbiamo fatto solo per darci una targa di anti-mafiosità, per fare carriera, in politica, sul lavoro.
Forse perché, alla fine, a conti fatti, per la maggior parte di noi, Rostagno era solo un pagliaccio che faceva sorridere i più e rompeva le palle a qualche politico locale.
La Coppa America che arricchiva la mafia e i mafiosi
Giustamente il giornalista Rino Giacalone, su “Articolo 21”, scrive alla vigilia dell’anniversario, che «Serve l’indignazione dinanzi al fatto che ci sono voluti 20 anni per dedicare una via a Rostagno e 10 giorni per fare la via dedicata ai Grandi Eventi, quelle manifestazioni veliche del 2005 che arricchirono la mafia ed i mafiosi imprenditori».
I trapanesi non s’indignano, colla mafia ci convivono bene
La Città dovrebbe indignarsi. Ma non s’indigna. La Città, i suoi cittadini, sono distratti da problemi esistenziali reali e gravi – il lavoro che non c’è – e da mille occasioni effimere – il Trapani Calcio, il nuovo SUV, il nuovo smartphone, il colore del nuovo smalto -. La Città di oggi non crede in nulla se non nell’apparenza, nel successo personale che si misura coll’avere o coll’essere.
«Il consenso sociale al sistema mafia resta» ammette quindi Giacalone, anche se mitiga con un «ma è incrinato».
Ma, in definitiva, il «potere mafioso e massonico governa la città». Giacalone omette di dire chi è il mafioso e chi è il massone che governa la Città e chi sono i loro “bracci armati“.
Governa col consenso dei cittadini, non colle armi, dovrebbe aggiungere, però.
Quei cittadini che a centinaia ed a migliaia votano il consigliere “amico” che ti porta l’autobotte con l’acqua o ti sposta il cassonetto, quello che “al bisogno c’è”, di dà del tu e ti risponde al telefono, per darti il “voucher” assistenziale, per farti assegnare a chiamata diretta un appalto per causa di “somma urgenza“.
Quei cittadini che non votano un progetto di cambiamento, che s’indignano se “aumentano le strisce blu” ma non se per fare “180 metri un autocompattatore del Comune di Trapani doveva consumare un litro di carburante”.
Forse non s’indignano perché questo i cittadini non lo sanno. Perché sui giornali si parla d’altro.
Forse non s’indignano perché dopo tutto un bell’incarico fiduciario, di giornalista, di geometra, di avvocato, di bagnino, di webmaster, di ausiliare del traffico è sempre utile a “dare da mangiare ai figli”.
Coll’indignazione non si “cala la pasta”. E tutti abbiamo un parente, un cugino, un amico, un collega che ha avuto un incarico “fiduciario” e quindi non possiamo andare contro chi “aiuta” i nostri parenti ed amici.
Dopo Rostagno, a Trapani chi è «giornalista-giornalista»?
Giacalone, oggi, purtroppo, ha ancora ragione nello scrivere, ma sul sito “Articolo 21”: «la morte di Mauro Rostagno è stata voluta da una mafia, da un “sistema” che su Trapani desiderava e desidera il silenzio».
Ma Giacalone dovrebbe spiegare che, a scrivere, a rompere il silenzio, dovevano essere proprio loro, i giornalisti.
Chi, se nò?
Ma i giornalisti oggi fanno gli “addetti stampa” del senatore, dell’onorevole, del sindaco, del giovane consigliere rampante, all’ASL, alla Camera di Commercio, per la corsa automobilistica, e così via. Campano di questo, non certo dei 5 euro per ogni “pezzo” pubblicato dal direttore del loro giornale.
Scrivendo che tutto va bene i giornalisti “mangiano”, portano il “pane a casa”. Magari poi ottengono il loro bravo e remunerato incarico di “portavoce“, di “addetto stampa” … fiduciario s’intende.
«Rostagno è stato ucciso perché faceva il giornalista-giornalista», scrive sempre Giacalone.
Eppure Mauro Rostagno non era un giornalista, non aveva la tessera di giornalista. Chi, oggi, a Trapani, ha la tessera di giornalista e fa il «giornalista-giornalista» vien da chiedersi.