MICCICHE’: ESSERE TUTTI POLITICI

Francesco Miccichè, vescovo TrapaniScrivendo il piano pastorale 2007/08, mons. Micciché ha colto l’occasione per inviare una lettera «ai politici che servono le undici comunità della Diocesi di Trapani».

Il testo sembrerebbe un j’accuse verso la politica del nostro tempo, nemmeno troppo distante dagli argomenti di Beppe Grillo.
Leggiamo infatti che l’agire politico dovrebbe essere «un pensiero limpido, non inquinato da interessi particolaristici, da logiche di casta» tramite una politica che afferma «la cultura della legalità, della giustizia, della solidarietà, del rispetto e della valorizzazione delle risorse della persona umana, del diritto al lavoro, alla famiglia, a perseguire il proprio ideale di vita senza ostacoli e con dignità».

E come fare in modo che ciò sia possibile? Il doento risponde in maniera davvero esemplare: «l’ideale che ci proponiamo è quello di essere tutti politici». La democrazia dal basso. Grillismo puro.

Ma attenzione! Se è vero che sua Eccellenza cerca di cavalcare il sentimento diffuso di avversione alla casta, è anche vero che non vuole fare nascere dubbi su quale sia per lui e per l’istituzione che rappresenta l’unico modo corretto per fare della buona politica, vale a dire «attraverso la declinazione dei principi fondamentali enucleati dalla dottrina sociale della Chiesa, principi che nascono dall’etica naturale e che trovano nel Vangelo l’humus necessario per un più esigente e valido sentire politico».

E allora sorge il dubbio che non è proprio la democrazia dal basso quella auspicata da sua Eccellenza, semmai la democrazia dall’alto (della sua cattedra).

Non è che Micciché cerca, all’interno della confusione che impera sovrana all’interno dello scenario politico, di legittimare la sua pretesa ad avere maggiore peso politico?

Ingerenza è una brutta parola; indica un’inopportuna intromissione negli affari che in fin dei conti non competono al fine di imporre il proprio pensiero, ritenuto equanime. La cosa si aggrava quando le proprie idee si associano alla conformità religiosa alla quale bisogna attenersi.

E se è la Chiesa a cercare di imporsi, avvalendosi per di più di citazioni bibliche che confermano i propri ideali, è ancora peggio.

Sembra invece essere diventata una prassi comune, quando fa comodo, il propagandare astensioni dal voto (boicottaggi di uno strumento democratico), ed il no a gran parte delle iniziative politiche (PACS, testamento biologico, eutanasia, ricerca sulle cellule staminali embrionali, pillola abortiva).

Nessuno chiede a sua Eccellenza di non dichiarare la propria posizione, sia come cittadino che come vescovo; chiunque ha facoltà di esprimere la propria opinione dacché, fortunatamente, l’Italia è un paese libero.

Ma sono le sue parole che non ci convincono, quel tentativo di celare la volontà di intrufolarsi, avvalendosi di luoghi comuni quali la non ridente immagine della Sicilia e la corruzione politica.

Riterremmo opportuna una maggiore discrezionalità da parte della Chiesa italiana, che si pronunci quando non è d’accordo, ma non imponga le proprie posizioni come giuste ed imprescindibili dall’essere cristiani.

Nessuno ha intenzione di “ricacciare nelle sacrestie” il clero, ma che non si dica che l’ingerenza della Chiesa non esiste o è un problema fittizio.

Quanto alla citazione biblica, è vero che San Giacomo Apostolo sostiene che non si può ottenere la salvezza senza fede ed opere. Ma in cosa consistono per il Monsignore le opere?

 

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