Un milione in piazza contro il riscaldamento globale

Trapani, 25 settembre 2014 – Questa settimana è stata caratterizzata, a livello mondiale, da un tema, il dibattito sul clima, sul cambiamento climatico in atto sul nostro pianeta.

Da un lato, domenica scorsa, sotto l’organizzazione dell’associazione 350.org, circa 400mila persone si sono riunite a New York per una grande manifestazione per reclamare un impegno della politica per la salvaguardia del nostro pianeta dal fenomeno del “surriscaldamento”.

Parimenti, in altre migliaia di manifestazioni che si svolgevano, un po’ ovunque nel mondo, in 150 Paesi, altre centinaia di migliaia di persone sfilavano per gridare la propria preoccupazione. In Italia si è svolta una manifestazione a Roma.

L’obiettivo dei manifestanti è quello dello «l’avvio di un’incisiva campagna di pressione politica e mediatica, volta a ottenere una politica europea con obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra» [Vedi VIDEO illustrativo su Youtube].

Dall’altro lato, mercoledì, sempre a New York, si è riunita l’Assemblea generale delle Nazioni Unite proprio per discutere di questo tema, dando il riconoscimento anche delle Istituzioni all’esistenza ed alla gravità del problema: Stiamo rapidamente raggiungendo la soglia di 400ppm di concentrazione delle emissioni di CO2 in atmosfera: un numero preoccupante, che mette a serio rischio la vita del nostro pianeta e delle future generazioni.

«Stiamo andando verso un aumento della temperatura media del globo compresa tra 1,8 e 4 gradi centigradi entro il prossimo secolospiega QUI il partner italiano di 350.org, “Italian Climate Netwok” -. Questo aumento della temperatura sembra essere dovuto alla continua crescita e concentrazione delle emissioni di gas a effetto serra come l’anidride carbonica (o CO2) e il metano».

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Dall’Assemblea ONU, però, non ci aspetta nulla di concreto: «Il fatto è – spiega il quotidiano “Il Manifesto” – che dalla disfatta di Kyoto la posi­zione ame­ri­cana sul clima è stata segnata dall’impotenza se non dalla col­pe­vole iner­zia. Il pro­to­collo di Kyoto venne sotto scritto nel 1997 da Bill Clin­ton ma non fu mai rati­fi­cato da un con­gresso ostile e for­te­mente influen­zato dalle potenti lobby petro­li­fere Usa».

Da più parti, tanto dal mondo della cultura, vedi la scrittice americana Naomi Klein, autrice di un recente libro denuncia sull’argomento, quanto da parte dei presidenti di diversi stati latino-americani (la cilena Bachelet, il venezuelano Maduro, il boliviano Morales) è stato spiegato un nuovo punto di vista, che può essere sintetizzato nello slogan: «Cam­biare il sistema non il clima». Lot­tare con­tro «il modello capi­ta­li­stico predatorio» per risol­vere alla radice le cause dell’inquinamento e del riscal­da­mento glo­bale. La denuncia, in sostanza, è che esiste una sostan­ziale «incom­pa­ti­bi­lità ambien­tale» dell’imperante libe­ri­smo capi­ta­li­sta.

[Tweet “Salviamo il Pianeta: «Cam­biare il sistema non il clima»”]

Che fare, quindi? Non è più tempo di azioni individuali: usare meno la propria auto, mangiare meno carne, usare elettrodomestici a basso consumo, utilizzare meno imballaggi. Serve un impegno per cambiare il sistema di vita della propria collettività.

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