E’ morto il farmacista Vincenzo Gulotta
Enzo Gulotta ci ha lasciati. Improvvisamente ieri s’è sparsa sul social la notizia della sua morte. Non è chiaro come sia successo, e poco importa. Forse un infarto. Certamente non postava su Facebook da circa un mese. In uno degli ultimi post prendeva un appuntamento all’incontro con una amica che stava fuori. Non credo che l’incontrerà più.
Il nostro farmacista non c’è più.
Io lo conoscevo poco. Enzo aveva aderito al nostro Movimento “A Misura d’Uomo” lo scorso anno. Forse voleva dare un suo contributo al miglioramento della città, forse voleva solo stare in compagnia.
Aveva partecipato a poche riunioni, la scorsa estate. Poi … sempre il lavoro, il lavoro, il lavoro.
Mi ero fatta questa idea di lui: persona equilibrata, alla ricerca del compromesso piuttosto che dello scontro. Aveva sempre un tono di voce basso, confidenziale, garbato. Si apriva, si confidava. Insomma mi aveva fatto una bella impressione.
Il lavoro in farmacia, i turni massacranti, non avevano consentito di conoscerci più a lungo.
La morte, un momento di riflessione
Proprio ieri, per altre ragioni, leggevo il testo di una tesi di laurea di Edorado Laporta – relatore prof. Daniela Adorni, “Decrescere per ritrovare l’umanesimo”. Laporta si è laureato nel 2014 a Torino in “Scienze storiche”.
Nel suo interessante lavoro Laporta parla della «fretta», della necessità di una «decrescita».
«Chi crede nella decrescita crede che il ritmo di vita, troppo frenetico nel mondo contemporaneo, vada rallentato».
«Vivendo di corsa e riempiendo di cose da fare ogni singolo istanze, ci tendiamo sino al punto di rottura», prosegue il laureando.
Laporta ricorda come, ad esempio, «paesi ricchi come Giappone, Cina, Russia, Belgio, Finlandia, Svezia e Francia hanno un tasso di suicidi pro-capite di gran lunga superiore a quello di paesi poveri».
«Evidentemente – prosegue il giovane – la maggiore ricchezza economica ed il PIL non bastano a compensare stress, ansia e male di vivere a cui sono sottoposti la maggior parte dei cittadini del mondo occidentale, con la loro ossessione per la velocità e per i profitti ad ogni costo».
«In Giappone – spiega ancora Laporta – esiste addirittura una parola, Karoshi, che significa “morte da superlavoro” e ne soffrono le persone che lavorano talmente tanto fino a crollare, parecchi di loro finiscono per morire di infarto molto giovani, anche al di sotto dei trent’anni».
Il «Diritto di scegliere i nostri tempi» è un nuovo diritto che propone Carlo Petrini nell’opera “E vinse la tartaruga – Elogio alla lentezza».
Riflettiamo un po su questo, mentre, oggi alle 12, alla chiesa San Michele, salutiamo per l’ultima volta l’amico Enzo Gulotta.