NON SI PUO’ ESSERE GIORNALISTA DI DENUNCIA
Mauro Rostagno, ottenne l’iscrizione all’albo dei giornalisti solo dopo la sua morte avvenuta poco più di 16 anni fa, il 26 settembre 1988. Ne hanno ricordato la figura, l’esempio, i giovani della sinistra giovanile e dei girotondi per Marsala, in un partecipato incontro, avvenuto qualche settimana addietro al Complesso monumentale San Pietro.
E’ stata l’occasione anche per fare il punto sulla professione del giornalista oggi, sulla libertà di stampa. Ne ha parlato Mariza D’Anna, responsabile della redazione di Trapani de La Sicilia e presidente del sindacato dei giornalisti della provincia. Il quadro che ha disegnato risulta alquanto fosco.
Nel 1988 Mauro Rostagno era un giornalista fortunato, fa capire Mariza D’Anna «L’informazione a Trapani e nella Provincia era molto diversa da quella che noi oggi possiamo riscontrare sul territorio. Molte cose sono cambiate, anche in peggio. Hanno riportato molto indietro la classe giornalistica, e forse anche la società. Ai tempi di Mauro Rostagno c’era la possibilità di fare questo giornalismo di denuncia. Lui aveva la possibilità di denunciare situazioni e fatti che accadevano sul territorio, quei fatti che vedevano la società imbrigliata dai poteri forti, dalla mafia».
«La realtà di oggi, in questa Provincia, è molto diversa. Oggi i giornalisti che possono, dalla Sicilia, vanno via. Ma non vanno via non solo perché non possono esprimere il loro pensiero, o perché hanno messo il bavaglio, ma perché non sono messi in grado di fare il loro mestiere. Il giornalista non è messo in grado di dire quello che vede, quello che sente, quello che scopre, di potere affermare ogni cosa con libertà. La difficoltà che si trova oggi sul territorio è derivante, soprattutto, da un sistema che consente, in Sicilia, che emergano solo due giornali, La Sicilia ed il Giornale di Sicilia, e che detengono il monopolio».
«Le voci che sono rimaste in questa terra sono pochissime e si vanno assottigliando sempre di più. E’ importante, invece, la pluralità delle voci, che possano dire anche solo quello che succede quotidianamente nella nostra realtà. Questo ci manca. E ci manca profondamente. Perché quasi tutte le realtà locali televisive ed editoriali sono state chiuse, o sono state messe in condizione di chiudere, o comunque non hanno resistito, in questo mercato che risponde ad altri principi, che sono i principi della pubblicità principe rispetto, invece, alla necessità di informare».
«Oggi il panorama è desolante. Io sono fortunata di poter dire che lavoro, che ho un contratto di lavoro, che posso battermi per le cose che credo. Questa possibilità, per gli altri, è ridotta al lumicino. Per questo la gente non ha la possibilità di capire cosa realmente accade, perché i segnali sono flebili, sempre meno. E questo rappresenta una grande povertà per il nostro territorio. Se vediamo quante televisioni locali sono rimaste a poter fare uno straccio di telegiornale, a poter fare un minimo di inchiesta, a poter affermare qualcosa che loro hanno visto, ci rendiamo conto che, rispetto ai tempi di Mauro Rostagno, oggi, di quello che c’era non è rimasto niente! E tutto questo impoverisce la nostra realtà».
«Ecco perché io chiedo un po di clemenza per i giornalisti. E’ vero che c’è pure il giornalista che chiude la porta a colui che vuole fare la denuncia, ma è pur vero che quei pochi giornalisti che sono rimasti il loro mestiere lo fanno e che ogni giorno si confrontano con questa realtà».
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L’ALTRA VOCE
Quanto affermato dalla collega Mariza D’Anna è vero; tuttavia, ritengo che anche prima dell’impoverimento dei mezzi di comunicazione locali il cosiddetto giornalismo di denuncia nel trapanese si poteva contare sulle dita di una sola mano. E questo perché non tutti gli operatori dell’informazione sono capaci di schierarsi dalla parte del lettore piuttosto che da quella del potente di turno. Non dobbiamo dimenticare l’esistenza di tv private e periodici locali che hanno avuto e forse hanno ancora, purtroppo, solo il compito di fare da cassa di risonanza per l’onorevole tizio ed il senatore caio, in barba alle norme in materia di par condicio e di ogni regola di professionalità. Credo, pertanto, che sia necessario da parte di tutti noi giornalisti dimostrare, ogni giorno, innanzitutto, la nostra indipendenza.
Gianfranco Criscenti – giornalista free-lance