NOVITA’ DA ROMA PER I SERVIZI LOCALI
Un altro esempio della furia ultraliberista del governo Prodi. La legge Lanzillotta obbliga i comuni a privatizzare i servizi pubblici locali. Un patrimonio pubblico stimato in centinaia di miliardi rischia di finire nelle mani dei pescecani capitalisti.
Il 30 giugno scorso è stato approvato dal consiglio dei ministri del governo il Ddl n. 772 "Delega al governo per il riordino dei servizi pubblici locali", presentato dal ministro per gli affari regionali Linda Lanzillotta (Margherita), e controfirmato da Prodi, Bersani, Amato, Di Pietro e Bonino.
Ad inizio novembre il provvedimento è passato in commissione affari costituzionali del Senato e presto sarà calendarizzato nei lavori parlamentari per l'approvazione definitiva.
Il provvedimento realizza un altro "sogno" del capo dei padroni Montezemolo, "la fine dello statalismo municipale", imponendo una nuova ondata di privatizzazione nei servizi pubblici locali, attraverso il blocco delle assegnazioni dirette da parte degli Enti locali a società a capitale pubblico (il cosiddetto in house), e l'obbligo di messa a gara per l'assegnazione del servizio a società miste e privati.
Fino ad oggi la legislazione italiana poggiava sull'art. 13 del testo unico degli Enti locali che permette tre diverse forme di gestione dei servizi: gara pubblica; assegnazione diretta a società "mista" con gara per la quota privata; assegnazione diretta a società di capitale pubblico (in house).
Poi è venuta la legge Galli (governo Amato) sui servizi idrici, le direttive Ue, le finanziarie di Berlusconi, il decreto Burlando sui trasporti pubblici, il decreto Bersani sull'energia, il decreto Letta sul gas, che hanno reso sempre più difficile la scelta della gestione in house, infine la sentenza della Corte di Giustizia Europea che permette ufficialmente l'affidamento in house ma lo definisce "residuale". Il Ddl Lanzillotta generalizza e supera in ultraliberismo queste norme, persino l'odiata direttiva europea Bolkestein e gli accordi "Gats" del Wto, definendo "eccezionale" l'affidamento diretto del servizio a società a capitale pubblico e rendendo di fatto obbligatorio per l'Ente locale privatizzare tutti i servizi pubblici.
L'art. 2 comma b) sottomette la legislazione italiana in materia a quella europea, per cui "l'affidamento a società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale" deve avere "i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per l'affidamento in house" (e sono tanti); il successivo comma d) prescrive che in caso di affidamento diretto si "debba dimostrare alle varie autorità garanti delle libera concorrenza, l'inadeguatezza dell'offerta privata", in ogni caso adottando e pubblicando "secondo modalità idonee il programma volto al superamento, entro un arco temporale definito, della situazione che osta al ricorso a procedure ad evidenza pubblica, comunicando periodicamente i risultati raggiunti a tale fine". Ancora il comma i) prevede "che gli affidamenti diretti in essere debbano cessare alla scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo".
"Puntiamo – spiegano i relatori – a sviluppare la distinzione di ruoli tra ente locale, che programma e regola il servizio, e azienda, che lo deve gestire su base imprenditoriale, aprendo a forme di concorrenza 'nel' mercato e 'per' il mercato (affidamento a gara)".
È tale il feticismo nei confronti del profitto capitalistico che la Thatcher nostrana si spinge ad affermare una bugia grossolana: "quando si liberalizza l'occupazione cresce, i cittadini avranno qualità e prezzi migliori", e minacciare gli enti locali con un ultimatum: "una società a capitale interamente pubblico che volesse mantenere la gestione di un servizio tramite gara potrà parteciparvi fino al 2011'', dopodiché "il pubblico dovrà uscire definitivamente" dai nostri fornelli, da cassonetti, luce e bus. E c'è da ricordare che la ricercata "uniformità di gestione" entro il 2011 sembra lontana solo se non si tiene conto degli ennesimi, spaventosi, tagli della Finanziaria stangatrice, per fare fronte ai quali è più che probabile che molti Comuni, province e regioni procederanno celermente alle auspicate dismissioni a tappeto.
(da il BOLSCEVICO, n. 42/2006)