La Pista Ciclabile di Erice: Tanti Errori e taluni Orrori
Erice, 29 settembre 2014 – Vogliamo sgombrare ogni dubbio: noi siamo felici che l’Amministrazione di Erice abbia “sposato” l’idea della ciclabilità e su questa “scommessa” abbia investito del denaro: molto, molto denaro pubblico, circa 434.116 euro, si legge sul sito del Comune.
Ma questa condivisione d’intenti non può farci chiudere gli occhi sugli “orrori” progettuali della nuova pista ciclabile di Erice.
Se la pista ciclabile sul lungomare, che partiva dal nulla ed arrivava nel nulla, ci aveva lasciati basiti, il percorso “ciclabile” che si snoda come un serpentone rosso impazzito da valle sino alla funivia sta coprendo la città di ridicolo.
“Non v’è dubbio che ci stanno ‘orrori’ esecutivi da parte dell’impresa, che non beccherà un quattrino così come la Direzione Lavori dovrà risponderne”, ammette il sindaco di Erice sulla propria bacheca facebook rispondendo alle pesanti critiche di Fabio Bongiovanni.
Sempre il sindaco poi, però, sulla bacheca di Giuseppe Sanfilippo, confessa alcune proprie responsabilità: “il colore “rosso” da me personalmente è stato scelto per richiamare l’attenzione dei nostri automobilisti (molti non abituati alla presenza viaria di una corsia ciclabile) al rispetto della zona/ciclabile riservata”.
Che il sindaco sia un esperto anche di colori ci risulta nuovo. A rispondere a quest’ultima asserzione ci pensa, però, la FIAB, Federazione Amici della Bicicletta, che, lo scorso 27 luglio, sul proprio sito web scrive: “Uno studio danese ha mostrato che nelle intersezioni ciclabili dove la corsia ciclabile è stata colorata di celeste, il numero di incidenti che coinvolgono biciclette si è ridotto del 38%, e il numero di ciclisti morti o gravemente feriti è diminuito del 71%”.
Vero è che anche il “rosso” sia molto usato, come anche il giallo ed il verde, ma, scrive l’ing. Giorgio Demurtas sul proprio blog: “Alcune persone hanno una capacità limitata di distinguere i colori. In particolare, molti di questi hanno difficoltà a distinguere il rosso e altre tonalità “earth colors”, incluso il verde. Il celeste risalta bene anche per loro”. L’ingegnere, poi, aggiunge: “il colore celeste (RAL 5015 o RAL 5012) è più visibile del rosso. Specialmente in scarse condizioni di illuminamento e strada bagnata il blu risalta abbastanza bene”.
Ma il problema della “pista ciclabile” ericina non è solamente di scelta d colore, purtroppo. Il problema è larghezza.
“Tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e dei velocipedi, nonché dello spazio per l’equilibrio e di un opportuno franco laterale libero da ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile, comprese le strisce di margine, è pari ad 1,50 m”. E’ scritto nero su bianco all’art. 7 del D.M. 30 novembre 1999, n. 557 (“Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”).
E’ ovvio e visibile per tutti che, ad esempio, il tratto su viale delle Provincia, che costeggia la scuola media “Castronovo” è inferiore a 1,50 metri. Ma c’è di più, essendo sul marciapiede e quindi prevendo una promiscuità d’uso pedone-ciclista, avrebbe dovuto rispettare anche l’art. 4, comma 5, dello stesso D.M. che prevede due restrizioni: (1) “larghezza adeguatamente incrementata rispetto ai minimi fissati”, (2) “traffico pedonale ridotto ed assenza di attività attrattrici di traffico pedonale” (ed invece siamo proprio a fianco una scuola che evidentemente “attrae” traffico pedonale).
Rimandiamo, poi, alla lettura completa all’art. 8 del Decreto Ministeriale 557/99 per quanto concerne le norme su “valori di pendenza longitudinale massima”, “raggi di curvatura orizzontale”, “velocità di progetto”. Tutte norme che, di prima osservazione, in taluni tratti della “pista ciclabile” di Erice non risultato pienamente rispettate con rischio e grave repentaglio tanto per i ciclisti quanto per gli stessi pedoni.
Ci soffermiamo, invece, appena sull’art. 12 del D.M. nella parte dove stabilisce come “Sulle piste ciclabili deve essere curata al massimo la regolarità delle superfici”: è chiaro che anche questo parametro, dalle foto che circolano sul web, non risulta rispettato (vedi, ad esempio, davanti la scuola media De Stefano, in via Fratelli Aiuto). Altra condizione da verificare, quella se venga rispettato che “Sulle piste ciclabili non è consentita la presenza di griglie di raccolta delle acque con elementi principali paralleli all’asse delle piste stesse”.
E’ naturale, infine, anche per il rispetto di altre normative, quelle sui disabili. Basta ricordare il Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 (“Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”)che, all’art. 6 prevede come “Le piattaforme salvagente devono essere accessibili alle persone su sedia a ruote”. Se così fosse, le “piattaforme”, alias i marciapiedi, sarebbero accessibili anche ai ciclisti, ma così non è.
Non vogliamo continuare a raccontare di rischi di “scivolosità”, sotto la pioggia, della “pista” verniciata integralmente di rosso, dei costi per la cittadinanza di “ri-pitturazione” quando, per effetto del sole e d’altro, la “pista” rossa sparità: sarebbe bastata la pitturazione, di celeste, dei soli attraversamenti stradali!
La “pista” – così come appare oggi – è inguardabile, inutilizzabile, un vero spreco di danaro pubblico. E non si tratta, come semplicisticamente sostiene Tranchida sul “Giornale di Sicilia” di stamani, di provvedere al semplice “ripristino di buche ed avvallamenti su alcune strade”.
Nelle immagini di seguito una carrelata della galleria degli orrori.