Privatizzare Villa Margherita è cancellare i ricordi d’infanzia
Ho le fotografie, rigorosamente in bianco e nero, di me bambino accompagnato dal nonno alla Villa Margherita.
L’anno era il 1973 e la “Villa” allora, era come ora.
Le stesse impalcature del Luglio Musicale per la stagione operistica, le monumentali magnolie, le papere che starnazzano nella vasca grande, i pavoni nelle voliere, i ragazzini in giro con le biciclette.
Quando ci porto i miei figli e li guardo correre e giocare sento carezzevole la mano di mio nonno che mi cinge in un abbraccio antico che ha vinto il tempo e si proietta nel futuro.
E il trait d’union fra le dolci memorie e le gioiose speranze è proprio lei la “Villa Margherita”.
Credo che questo mio sentire sia comune a molti Trapanesi.
Ed è per questo che alla notizia dell’intenzione dell’Amministrazione Comunale di dare in gestione a “privati” la Villa Margherita ho subito reagito con sgomento, perché ho sentito profanati i miei ricordi.
Giuridicamente è lecito. Economicamente potrà anche essere vantaggioso.
Ma storicamente, per quello che sono stati, sono e saranno i Trapanesi, è giusto?
E’ giusto considerare “servizio”, e in qualche modo commercializzare, ciò che invece incarna il corpo e l’anima di una città, ciò che è storia e tradizione?
Questa è una scelta politica miope, perché guarda alle immediate circostanze di bilancio, se non anche alla convenienza immediata di una deresponsabilizzazione pubblica per la cura del verde (che è onere assai gravoso specie quando gli alberi decidono di cascare), e non vede le potenzialità che il sacrificio e l’abnegazione dediti alla tutela del patrimonio sviluppano in termini di vivibilità e di armonia per i cittadini e di apprezzamento e meraviglia per i turisti.
Ormai impera la convinzione che le privatizzazioni siano il toccasana per ogni tipo servizio pubblico.
Poco importa se poi esse si tramutano in affidamenti di servizi essenziali ai soliti amici degli amici.
Poco importa se poi i cittadini dovranno subire la “Ticketizzazzione o Bigliettizzazione” del servizio, con un immediato aumento del costo o la rinuncia alla fruizione.
Questo Stato tristemente precipita in un liberismo mercantilistico che ha già ucciso la più grande social democrazia che s’era vista al mondo, l’Italia, e che determina pericolose tensioni sociali ed orribili insofferenze razziali che gli Italiani non credevano più di poter provare.
Ma seguire la china non è un atto dovuto, è una scelta politica; e anche una piccola amministrazione comunale, coraggiosa, può pensare ed adoperarsi per risalirla.
Il Comune di Trapani in qualche modo ha già dimostrato di credere e sapere investire nelle risorse pubbliche.
Lo ha fatto con la Trapani Servizi s.r.l. non cedendo alle suggestioni di una comoda privatizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, come hanno fatto gli altri comuni vicini affidandolo ad una holding svizzera con i risultati che si leggono nella cronaca giudiziaria.
Io penso che le due “Ville Trapanesi Denominate” servono per i genitori che ci portano i bambini, per gli anziani che si ritrovano a chiacchierare e per chiunque voglia vedersi un po’ di verde attorno.
L’idea che dentro ci debba essere qualche burger-chiosco, con le consequenziali cartacce buttate tutt’intorno, per giustificare commercialmente l’intervento dei “capitali privati” mi sembra un’indecenza, un insulto alla storia di questa città ed alla sua eleganza.
Gli uomini saggi non hanno paura di tornare indietro.
Io spero che questa amministrazione si distingua per saggezza, e, quantomeno per la Villa Margherita e la Villa Pepoli, torni sui suoi passi.