Quartieri senza colore, quartieri che vogliono ancora sperare
«Il programma di riqualificazione del territorio, che ha interessato con maggiore evidenza in questi anni il Centro Storico, dovrà proseguire nei quartieri». Così scriveva, a maggio 2012, tre anni fa, nel proprio programma elettorale l’allora candidato sindaco Vito Damiano.
A distanza di tre anni, ci ritroviamo in condizioni pari se non peggiori che prima.
La Città è, in maniera, evidente, divisa in due. Il centro e poi il resto.
Il centro coi suoi bar, coi suoi ristoranti, coi suoi negozi d’elite, con la sua biblioteca, coi i suoi spettacoli che, a decine, organizza con cura nel dettaglio il Luglio Musicale di Giovanni De Santis.
C’è’ il Centro-Vetrina, quello da mostrare ai turisti e far vivere ai turisti, quello dove speculazioni hanno permesso di concrentrare la proprietà immobiliari nelle mani di politici e grandi imprenditori. Gente che in 10 anni ha visto anche decuplicare il valore del proprio investimento.
E poi c’è il resto. Ci sono le frazioni e ci sono i quartieri periferici. Qui abitano e lavorano i cittadini di serie B.
Qui chi, come scommessa imprenditoriale, apre un affittacamere deve aspettare che siano prenotati tutti i locali del centro per ottenere la propria piccola fetta di profitto. Qui chi apre un’attività nel settore ristorativo, sa bene che alle 20 può chiudere perchè tutti, residenti e turisti non usciranno se non per recarsi o restare al centro.
Qui non arriva il Luglio Musicale, e non arriva la programmazione dell’assessorato al Turismo, infatti. Qui, ne siamo contenti, s’è creato un contenitore, la Piazzetta dell’Abbeveratoio della Madonna, ma lo si è lasciato desolatamente vuoto. Non ci sono soldi per il Quartiere, infatti.
Eppure, qui nei Quartieri tutti paghiamo, chi può, le nostre Tasse. Paghiamo l’IMU, la TASI, e pure la TARI. E magari ci capita, come è capitato quest’anno, che dobbiamo pagarle pure lo stesso giorno tutte assieme.
Gli imprenditori del Centro, invece, non pagano tasse, loro guadagnano in netto, loro, infatti, sono dentro la Zona Franca Urbana, loro beneficiano dei Servizi e non pagano tasse; noi paghiamo le tasse e non beneficiamo dei Servizi.
Un segno dell’abbandono dei cittadini di serie B, quelli dei quartieri, è dato dai Centri Sociali.
Locali squallidi, ravvivati solo dall’attivismo di poche donne e pochi uomini che si mettono a servizio dei propri concittadini per organizzare feste, eventi musicali e addobbare le sale. Sale squallide, dipinde di bianco, con qualche tavolino di plastica bianco, con qualche sedia di plastica bianca. Null’altro. Nulla che attiri altri cittadini, né le famiglie, né i ragazzi, che siamo costretti a chidere a casa ad annichilirsi con la play station o a gettarli in strada.
Eppure, per la Funzione 10 – Settore Sociale, il Comune ha inserito la somma di oltre 9 milioni di euro, 9.034.813 per l’esattezza. Dove vanno tutti questi soldi? A chi vanno? Certamente no agli Anziani di questo Centro Sociale, che oltre ad un contributo per le spese SIAE non ricevono più nulla, né – ad esempio, come avveniva una volta – per gite culturali, né per corsi di ginnatica dolce.
La cosa che dispiace, oltre che l’abbandono, visibile, materiale, e quello pur’esso visibile, con le tante saracinesche abbassate ed il cartello vendesi o affittasi affisso sopra, è l’abbandono sociale e culturale.
Con l’abbandono sociale e culturale, non ci viene data alcuna speranza per il futuro.
E noi, invece, ancora vogliamo sperare.
La speranza deve cominciare dai Centri Sociali, o dai centri territoriali d’incontro, come si chiamano ora, o dai centri Civici come vorremmo noi si chiamassero.
Dei luoghi d’incontro intergenerazionale, non delle riserve per vecchi, non degli ospizi, ma dove anziani e giovani, nonni e nipoti, possano incontrarsi ed interscambiare esperienze. Dove il nonno possa leggere una favole al bambino, ed il ragazzino possa aiutare il nonno a usare un computer e magari pure facebook.
Un luogo dove mi si possa recare giornalmente, se sono libero, per leggere un libro, perché un questo luogo vedo, e desidero, un angolo dedicato alla cultura; navigare in internet; vedere su un maxi schermo la partita della mia squadra del cuore assieme a tutti i miei amici del quartiere.
Un luogo dove io possa incontrare altra gente, sconosciuta, diversa, ed incominciare a conoscerla. La lotta alla solitudine è un grave problema. Dove possa scambiare idee. Qui può rinascere la democrazia. Quella dalla quale, cancellando i Consigli di Quartiere, concellando le Province, cancellando il Senato elettivo, dalla quale ci stiamo allontanando.
Allora, quello che chiedo è che il Centro Nino Via apra subito, che diventi la Casa del Popolo, dei cittadini, e delle associazioni, che il regolamento di questo centro sociale, di questo Centro Civico, cambi; che sia inclusivo.
Trovo assurdo che io che vivo ed abito da 5 anni in questo quartiere non posso metterci piede perchè, sulla carta, ho un’altra residenza; trovo assurdo che i programmi non siano volti all’inclusione di altre fasce di bisogno, quelle delle famiglie e quelle dei giovani, dal dopo scuola alla ludoteca; trovo assurdo che mi si chieda l’ISEE e il Certificato che non sono pazzo per poter accedere nel Centro.
Ma soprattutto che il Centro Sociale, che il Centro Civico se piace chiamarlo così, sia un luogo di Decentramento Amministrativo; non solo sede dell’Ufficio Anagrafe, ma in un VERO URP, un luogo dove il cittadino possa trovare un Ufficio che prenda in carico le sue istanze, le sue domande e dia le risposte. E, perchè no, la sede di un distaccamento del Vigile di Quartiere per dare ai cittadini anche la sensazione della presenza dello Stato e del Comune fra loro.