Regionali: Vince Musumeci, perdono Popolo e sondaggisti
Le elezioni regionali danno un segnale chiaro: la volontà popolare è calpestata! Il sistema di voto è scritto su misura da chi governa per evitare un cambiamento.
Tre sono i fattori che confermano la mia affermazione.
[1] Nello Musumeci è il nuovo presidente della Regione Siciliana grazie al voto di “trascinamento” delle sue cinque liste. Anche qusta volta la “purezza” dei Cinque Stelle e della loro corsa solitaria è bocciata.
Il Movimento Cinque Stelle è il primo partito della Sicilia (27,31%, con 2.610 sezioni su 5.300), quasi doppiando il secondo (Forza Italia, 15,93%) ed il terzo (Partito Democratico, 13,97%) ma non governerà.
In sostanza non viene votato, dagli elettori, un “progetto”, un programma, ma il singolo candidato “di fiducia”. Il candidato presidente che, quindi, ha più candidati e ne ha di più “forti” elettoralmente vince per il “trascinamento”.
Una doppia scheda, una per il presidente e un’altra per il voto ai deputati avrebbe fornito, in definitiva, un risultato più veritiero.
I Sondaggi anti-Micari hanno fatto perdere Micari
[2] I sondaggi hanno falsato il voto: hanno fatto credere che il voto per il candidato Fabrizio Micari fosse un voto inutile in quando il candidato era nettamente staccato. Ciò ha indotto l’elettorato a scegliere per un diverso candidato presidente (nell’ordine Cancelleri, Fava e lo stesso Musumeci).
Se, invece, non ci fosse stato il voto disgiunto probabilmente Micari avrebbe avuto maggiori chance di successo personale.
Sarebbe opportuno, quindi, vietare i “sondaggi” elettorali, almeno dopo l’indizione delle elezioni (ultimi 2 mesi circa).
Il voto disgiunto premia Cancelleri e Fava
Prendiamo ad esempio la sezione 30 di Trapani dove ho personalmente seguito lo scrutinio. Il “disgiunto” è risultato di complessivi 47 voti su 396 voti validi, ovvero nell’ordine del 11,9%.
Come sarebbe andata senza il disgiunto?
Se diamo per buoni i voti alle Liste, alla sezione 30 Micari sarebbe salito dai 95 voti ottenuti a 124, Musumeci sarebbe salito da 124 a 129, Cancelleri sarebbe sceso da 153 a 132, Fava sarebbe sceso da 22 a 9, La Rosa sarebbe rimasto a 2.
E andiamo a vedere questo “disgiunto”. I movimenti fra i candidati. Prendiamo a esempio sempre il seggio n. 30 di Trapani (via Orti).
Micari ha fruito di soli 3 voti “disgiunti” a favore tutti provenienti da Destra (uno da Turano, UDC; uno da Salone, Idea; un terzo da Calvanico, Forza Italia), ma 32 In uscita.
Musumeci ha fruito di 8 voti “disgiunti” a favore praticamente tutti dal PD (tre da Gucciardi, PD; due da Ruggirello, PD; uno da Tranchida, PD; due da Fodale, M5S), ma 13 in uscita.
Fava ha fruito di 13 voti “disgiunti” a favore prevalentemente dal PD (otto da Tranchida, PD; uno dalla Lista PD; uno da Randazzo, #Bellissima; due da Salone, Idea; uno da Scala, Sicilia Futura), e nessuno in uscita.
Cancelleri ha fruito di 23 voti “disgiunti” a favore (dieci da Tranchida, PD, quattro da Gucciardi, PD; due da Turano, UDC; due da la Porta, UDC; uno da Brignone, UDC; uno da Scilla, Forza Italia; uno da Ciotta, #Bellissima, uno da Scala, Sicilia Futura; uno da Mazzonello, Alternativa Popolare) e solo 2 in uscita.
Per completezza, il quinto candidato, La Rosa di “Siciliani Liberi” ha raccolto solo 2 voti in sezione (0,40%) e nessun voto disgiunto, né in entrata e né in uscita.
Per completezza, è utile ricordare che l’affluenza alla sezione 30 si è fermata al 45,7% (412 su 902) e che le “schede nulle” sono state 16 (3,8%).
Un dato, quello delle nulle, che indica sfiducia in tutte le liste e candidati ancor di più che l’astensione.
Va all’occhio il candidato Tranchida (PD) che, delle proprie 67 preferenze conquistate nel seggio, ne “trascina” solo 48 al candidato naturale Micari mentre il restante 28% le distribuisce fra Cancelleri (10), Fava (8) e Musumeci (1).
In questa particolare classifica, è seguito da Gucciardi (sempre PD) che non “trascina” 7 preferenze delle proprie 22 (il 32%) e dal Partito dell’’UDC che non ne “trascina” 6 su 30 (il 20%).
Renzi è un leader divisivo
[3] Sicuramente il Partito Democratico ha pagato il conto dell’avversione politica che esiste intorno al nome del suo segretario Matteo Renzi. Un nome che non “aggrega” altre forze – specie a Sinistra – oltre le proprie.
La perdita d’appel del Partito Democratico va oltre il risultato dello stesso Fava, circa 6% regionale, perchè la “divisione” nell’area percepita come unica del centro sinistra porta l’elettore verso altri lidi, gli stessi “Cinque Stelle”.
Il segretario “Dem” dovrebbe fare un “passo indietro” per non consegnare nuovamente il Paese a Berlusconi. Probabilmente non ne sarà capace, a giudicare gli attacchi alla Sinistra “radicale” di queste ore.