Relazione dell’ex presidente di Airgest getta Ombra sul futuro di Birgi !
«Lascio l’azienda sana», titolava, lo scorso 7 agosto, il giornale TrapaniSi, riportando una dichiarazione di Paolo Angius, dimissionario presidente di Airgest, la società di gestione dell’aeroporto Trapani – Birgi. Dieci giorni dopo, la gestione della società regionale veniva affidata, con un certo entusiasmo generale e qualche dissenso senatorio, al “volontario” marsalese Salvatore Ombra.
Airgest: perde soldi pubblici in nome della continuità
Una azienda talmente sana che ha chiuso il bilancio 2018 con una perdita di soli 5.148.001 euro. Perdita che segue quell’altra da 1.753.218 euro del 2017, e quelle precedenti di 2.438.931 euro (2016), di 2.029.706 euro (2015), di 4.649.436 euro (2014). Insomma, perdite su perdite in nome della continuità amministrativa !
Le perdite non sono colpa di chi amministra l’aeroporto – avrebbe spiegato il presidente uscente Angius – nella relazione sul Bilancio consuntivo Airgest 2018. Vediamo la valutazione addotta: la causa è «l’elevata rigidità dei costi sostenuti dal gestore aeroportuale».
In parole povere, verrebbe sostenuto che un aeroporto ha dei costi di gestione che ne giustificano l’esistenza solo in presenza di elevati volumi di traffico. E fin qui è difficile trovare chi può negarlo. Gli ammortamenti della struttura sono molto alti, come i costi delle pulizie, della security, dei consumi di energia elettrica: tutte spese sostanzialmente costanti, non importa se si passa da 2 milioni di passeggeri a poche migliaia.
Non è un segreto che, invece, la Gesap, società anch’essa pubblica che gestisce l’aeroporto di Palermo, abbia chiuso il Bilancio consuntivo 2018 con un utile di 4.364.218 euro (!). Subito le voci del coro si fanno sentire: Palermo gestisce 6.601.472 passeggeri e quindi ha sostanziose entrate connesse ai diritti aeroportuali !
C’è da interrogarsi per capire se il termine “sana”, riferito all’azienda Airgest, possa essere correlato a qualcosa d’altro che non sia l’equilibrio economico. Potrebbe significare che, con Angius, “ha operato nella legalità” ? Un indizio in tal senso lo si reperisce sul “Gazzettino di Sicilia” del 18 ottobre 2018 quando l’ex presidente, a proposito dei bandi di “Co-Marketing” indetti da Airgest (ed andati deserti), “tuonava decisamente”: «Andare da Ryanair a contrattare […] sarebbe stato un comportamento illecito che in nessuna società – sotto la mia Presidenza – si sarebbe mai commesso» !
In tal senso, ad avviso di chi scrive, potrebbero risultare poche chiare le dichiarazioni riportate nel comunicato di Airgest del 16 agosto. Al neo presidente Salvatore Ombra, il presidente della Regione avrebbe assicurato «ampi e condivisi margini di operatività» .
Criptico ! Ognuno, quindi, liberi la propria fantasia !
Aeroporto Birgi, bilancio 2018 drammatico: persi il 63% dei passeggeri
La gestione di un aeroporto, ovviamente, non si misura solo in entrate e uscite, tuttavia essendo una società e non un Club service di beneficenza, non può non ottenere utili. Soldi netti, guadagni, palanche per essere chiari !
Anche in termini di passeggeri, il 2018 non è stato positivo per Airgest. La relazione di Angius è drammatica: «nel 2018 sono transitati dall’Aeroporto di Trapani – Birgi 480.524 passeggeri, in contrazione del -62,8% rispetto al 2017, a fronte di una media nazionale in crescita del +5,9%».
Era chiaro, ma Angius ha voluto ribadirlo: «le ragioni di tale forte contrazione sono ascrivibili alla scadenza del contratto Ryanair (Marzo 2017) che ha condotto la compagnia irlandese a smantellare la base sull’aeroporto di Trapani». Del resto, se il co-marketing fosse solo una questione di tradizione, senza vincoli comunitari, la Regione-proprietaria dello scalo avrebbe potuto tranquillamente rinnovarlo, ma senza menar il can per le aie dei Comuni.
Birgi paga l’aver scelto la strada di essere Ryanair-dipendente !
L’ex presidente Angius ha altresì ricordato come il rischio di un crollo del traffico era insito nel mercato “drogato” fondato su unico vettore aereo. «Il business di Airgest è stato legato per molto tempo ed in misura significativa ai rapporti contrattuali instaurati con il vettore Ryanair», ha sottolineato. L’esperienza «ha dimostrato come ciò possa avere un impatto negativo estremamente significativo».
La stessa Ryanair ha visto ridursi l’attrattività per la meta Trapani: il loadfactor (il rapporto tra posti disponibili e posti occupati sugli aerei) è sceso dall’89.5% all’88.2% nel 2018.
Ancora oggi, tuttavia, i collegamenti operati dai vettori Ryanair ed Alitalia contribuiscono in maniera determinante al raggiungimento del volume di traffico [vedi il grafico sotto].
A Palermo le cose sono molto diverse. Se Ryanair ed Alitalia sono le compagnie dominanti (64% tra i due), Volotea, EasyJet e Vueling hanno una rappresentazione consistente (sommano il 22%) e gli altri minori hanno una fetta ragguardevole (14% in totale).
Un dato assurdo: oltre l’83% dei ricavi impiegato per gli stipendi
Dall’analisi del Bilancio Consuntivo 2018 dell’Airgest, si ricavano altri utili dati.
Il primo riguarda i ricavi aziendali: calati dai 10.559.000 euro del 2017 ai 5.430.000 del 2018 (-48,6%).
Il secondo dato riguarda i costi sostenuti da Airgest per mantenere l’aeroporto a Trapani. Si è trattato, per il 2018, di 10.421.000 euro. Una spesa calata appena del 14,51% rispetto all’anno precedente, quindi non proporzionalmente al calo registrato in termini di movimenti e passeggeri.
«Tale contrazione – ha detto Paolo Angius – è riconducibile alla riduzione dei costi di marketing e pubblicità [azzerati rispetto alle spese per 854.001 euro del 2017, NdR], di security [scese del -31,6% a 812.794 euro, NdR] e del personale sostenuti nell’anno [scese del -18,4% a 3.488.528 euro, NdR] dovuta alla importante riduzione del ricorso alla somministrazione lavoro [scesi da 20 del 2017 a 5,5 del 2018, NdR]».
Oggi proprio quello del personale resta il maggiore costo di Airgest: il numero complessivo di dipendenti Airgest S.p.A. è pari a 75 unità, di cui 5 “quadri”, 39 impiegati e 31 operai (forse un pò abbondante, con figli d’arte nelle diverse espressioni). In Gesap, a Palermo, il costo del personale incide il 21,98 % dei ricavi. In Airgest, a Trapani, incide per l’83,58%. Chissà perché !
Più che un aeroporto ha i contorni di una sorta di Centro per l’impiego ! Attenzione, non ho detto STIPENDIFICIO ! Giusto per essere estremamente chiaro.
Nel 2016, forse l’anno d’oro di Airgest in termini di ricavi, il Costo del Personale incideva sempre il 35,87% mentre a Palermo il 27,67 %.
Potrebbe dirsi che la gestione delle assunzioni di personale, nel passato, è stata più attenta (?) a risolvere i problemi occupazionali della Provincia e del Comune di Trapani che all’efficienza della Società ?
L’ex presidente di Airgest: Ombra sul futuro di Birgi !
Nella sua ultima relazione, l’avvocato Angius non ha trascurato di evidenziare l’ipotesi di altri conflitti bellici: «l’aeroporto di Trapani Birgi è una infrastruttura militare aperta al traffico civile. Eventuali situazioni di conflitto che dovessero malauguratamente interessare il contingente dell’Aeronautica Militare di stanza a Birgi, potrebbero avere riflessi negativi sull’attività della società come già accaduto in passato [2011, guerra alla Libia, NdR]».
Non manca, nella relazione, un rilievo alla Regione Siciliana, proprietaria di Airgest: è sottolineata, infatti, «la necessità che, al sostegno finanziario, si affianchi la definizione di un puntuale progetto industriale che le consenta di programmare più serenamente la propria attività». Insomma, che dal Socio Unico giungano le idee e gli obiettivi, per non procedere a vista !
Il presidente uscente di Airgest ha chiuso con un ottimismo misto a pragmatismo: «la volontà espressa dal governo regionale di porre in essere un sistema aeroportuale congiunto, sulla falsa riga di quanto già fatto da altre regioni italiane» è un elemento essenziale per sostenere «l’aspettativa che la società continuerà ad operare come impresa funzionante».
Ma attenzione: la realizzazione di questo Sistema aeroportuale siciliano è «condizione imprescindibile per la continuità aziendale del prossimo futuro».
In parole povere, se non si cambia registro si chiude e tutti a casa in attesa degli avvisi che le Aziende diffondono attraverso i Centri per l’impiego. Campa cavallo che l’erba cresce.