Trapani: a 10 giorni dal voto si parla di voto di scambio
« L’importanza della libertà del voto che è alla base di una sana convivenza democratica » è stata sottolineata dall’avvocato Michele Cavarretta nel corso di una conferenza svoltasi ieri nel cortile del Lazzaretto.
L’iniziativa era stata promossa dal Movimento Cinque Stelle a pochi giorni del voto per le elezioni amministrative del 10 giugno che coinvolgono il nostro capoluogo.
La manifestazione è stata occasione della presentazione del saggio – anche se i presenti si sono ostinati a chiamarlo libro – scritto dall’avvocato catanese, e senatore dei Cinque Stelle, Mario Giarrusso: « Il Voto di scambio politico-mafioso ».
Nonostante il qualificato livello dei relatori e l’attualità del tema “voto di scambio” (è di un paio di giorni fa l’annunciata inchiesta che tocca la regolarità delle elezioni 2017 di Erice, vedi Telesud:« Il Comune di Erice nella bufera »), la partecipazione è stata piuttosto scarsa ( una cinquantina di cittadini circa ).
Ciò forse perché la norma in questione non trova concreta attuazione, appena una dozzina di condanne dall’entrata in vigore del reato avvenuta nel 1992 ( con l’art. 416-ter del Codice Penale ).
Mario Giarrusso ha provato a spiegare, nel proprio intervento, la genesi di questo fallimento, avvenuto proprio all’indomani delle stragi Falcone e Borsellino.
Lui la rimanda al testo originario che, per volontà dell’allora ministro socialista alla Giustizia Claudio Martelli configurava il reato solo alla « dazione di denaro in cambio del voto mafioso » e non anche « altre utilità » (appalti, ecc).
Giarrusso ha poi evidenziato le modifiche avvenute nel 2014 ( Governo Renzi ) che hanno previsto tanto una riduzione delle pene del « 42% » quanto l’introduzione, per giungere al reato ed alla condanna, di una prova che il voto mafioso sia ottenuto tramite “intimidazione” degli elettori.
Si tratta, per Giarrusso, e non solo per lui, di una prova “diabolica” ovvero irraggiungibile.
Il senatore del Movimento Cinque Stelle è sembrato così avanzare la necessità di tornare a modificare la norma col nuovo governo “giallo-nero” guidato dal prof. Avv. Giuseppe Conte.
Quello che i presenti, tuttavia, non mi sembra siano riusciti a spiegare è il perché se il politico, per acquisire dei voti, si rivolge alla mafia e al metodo intimidatorio, rischia « da 6 a 12 anni » di reclusione mentre se fa in proprio e compra voti « in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità », senza intermediazione mafiosa, rischia molto meno, in pratica nulla.
« E’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 3.000 a lire 20.000, anche quando l’utilità promessa sia stata dissimulata sotto il titolo di indennità pecuniaria data all’elettore per spese di viaggio o di soggiorno o di pagamento di cibi e bevande o rimunerazione sotto pretesto di spese o servizi elettorali », recita, infatti, l’art. 86 del DPR 750/1960.
Anche in quel caso non « si colpisce la libertà di voto e si degrada da sovrano a suddito il cittadino, uccidendo la democrazia »?